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Afghanistan, non c’è solo l’oppio: ecco come l’Occidente finanzia l’Isis

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Lorenzo Vita, da Gli Occhi della Guerra – 10 giugno 2018

download 3 1024x702Come si finanzia lo Stato islamico in Afghanistan è un problema di fondamentale importanza. E interrompere il flusso di denaro è un obiettivo centrale. Molti ritengono che i gruppi terroristi si finanzino, almeno in Afghanistan, esclusivamente  con i proventi dell’oppio. Un commercio molto florido cui aggiungono i ricavi delle attività criminali più disparate. Ma c’è un elemento strategico molto sottovalutato e che invece sta assumendo connotati molto rilevanti: il talco.

Lo sfruttamento delle miniere di talco

Ad analizzare la rilevanza delle miniere di talco nell’economia del terrorismo afghano è stata  Global Witness. Attraverso interviste con fonti informate e analisi delle immagini satellitari, l’organizzazione ha reso noto come l’estrazione del talco sia diventata una priorità strategica per lo Stato islamico in Afghanistan. Dello Stato islamico così come dei talebani, che infatti si combattono per ottenere l’accesso a questa risorsa.

Secondo le stime diffuse sembra che il traffico di minerali dalla regione del  Nangarhar valga circa 300 milioni di dollari all’anno. E il talco, che può essere considerato il meno prezioso tra i minerali che provocano conflitti, in realtà trova un  grande mercato in Europa e in America. Di solito passando per il Pakistan, dove i talebani hanno una delle loro roccaforti.

E da quando l’Isis ha preso il controllo delle miniere, lo sfruttamento, a detta dei testimoni, è aumentato in maniera esponenziale. Una fonte informata ha detto che  il livello di estrazione è aumentato in particolare nelle miniere di Achin. “La gente del villaggio lavora con loro e il numero di lavoratori è diventato molto alto”, ha detto alla fine del 2016. “Prima era di 20-40 persone, ora è di 50 o 100”.

A metà del 2017, sempre secondo il testimone, l’attività era ulteriormente aumentata e lo Stato islamico aveva aperto addirittura  un ufficio a Suriya Bazaar, vicino al villaggio di Sayed Akhmadkhel, dove reclutava i lavoratori, li pagava e commerciava con i clienti interessati al prodotto estratto.

Nel frattempo, sono aumentati anche i mezzi a disposizione dei minatori. Sono arrivati i mezzi cingolati, martelli pneumatici di grandi dimensioni, escavatori gommati, camion per il trasporto. Un traffico enorme, aumentato perché la domanda è in crescita. E sono arrivati anche ingegneri di altri Paesi, in particolare pakistani, ma c’è chi dice anche sauditi.

 

L’importanza del talco

Il talco è il minerale più morbido conosciuto dall’uomo. È un componente molto comune in un grande numero di prodotti di uso quotidiano. La produzione globale è stata di circa 8,1 milioni di tonnellate nel 2017.

Dalla vernice ai cosmetici, dalla plastica ai prodotti per bambini, il talco è ormai presente nella vita quotidiana delle persone in Occidente. E per questo motivo, i gruppi terroristici dell’Afghanistan prendono in consegna quello estratto nelle province da loro controllate, lo portano in Pakistan e da qui viene rivenduto in larga parte – circa il 40% – nell’Unione europea e negli Stati Uniti.

L’Afghanistan possiede talco di altissima qualità, con cave molto pregiate nell’area di Khogyani / Sherzad e alcune leggermente meno pure ad Achin. Ma l’indotto genera, come visto centinaia di milioni di dollari. Soldi che finiscono nelle mani di terroristi, ma soprattutto talco che potrebbe essere utilizzato per sostenere la ricostruzione del Paese dopo ormai 17 anni di guerra. E che invece non fornisce alcun beneficio, se non alle casse delle organizzazioni criminali.

Per questo motivo, il governo di Kabul sta cercando di contrastare il fenomeno dello sfruttamento clandestino. Ma è difficilissimo. Soprattutto perché gli interessi sono enormi e le forze di sicurezza statali non riescono a controllare le aree in mano all’Isis o ai talebani. Servirebbe un lavoro costante con gli operatori commerciali che acquistano talco proveniente dal territorio afghano o pakistano. Ma non è semplice e i mezzi a disposizione scarseggiano. E il contrabbando, in fin dei conti, interessa a tutti.

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