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Afghanistan, il nuovo presidente eletto con il 6%: un fallimento in cifre

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Corriere della Sera – A. Nicastro 19/2/20 

GhaniPresidenteAshraf Ghani proclamato vincitore dopo 5 mesi. Su 37 milioni di abitanti, l’hanno votato in 3 milioni. Trump lavora alla pace con i talebani, ma i rischi restano enormi.

Sono i numeri a dare la descrizione più vivida del fallimento. Non solo di uno Stato, l’Afghanistan, che avremmo voluto aiutare ad uscire dal medioevo del fanatismo talebano, ma di un’intera comunità internazionale che su quell’impresa aveva investito la sua autorevolezza, la vita dei suoi soldati e migliaia di miliardi.

I dati

Guardiamoli i dati che annunciano la riconferma alla presidenza dell’Afghanistan per altri 5 anni del 70enne Ashraf Ghani, ex Banca Mondiale, fortemente sostenuto da Washington. 5 come i mesi di rinvio delle elezioni presidenziali per «problemi tecnici», ma anche come i mesi che sono stati necessari per contare le schede a causa dei medesimi «problemi tecnici», evidentemente mai risolti. 1,8 come i milioni di schede considerate valide. 1 come il milione di schede scartate perché raccolte in modo considerato fraudolento. Praticamente un voto su tre. 300mila come le schede ammesse al conteggio nonostante fossero state registrate prima o dopo la chiusura dei seggi. In taluni casi l’anticipo non era di pochi minuti, ma di settimane. 6 milioni come gli afghani che si erano presi la briga di chiedere il certificato elettorale e poi non si erano presentati ai seggi nella stragrande maggioranza dei casi per paura di attentati da parte dei talebani. 3 milioni (ad essere generosi) gli afghani che hanno votato 37 come i milioni di abitanti del Paese 15 come i milioni (almeno) degli aventi diritto 900mila come le schede a favore di Ghani 6% la percentuale degli aventi diritto che avrebbe scelto Ghani come presidente.

Minorenni

In sostanza: un’elezione organizzata male e condotta peggio ha stabilito che il nuovo presidente dell’Afghanistan debba essere un uomo voluto dal 6% della sua popolazione. Contando anche i minorenni si arriva alla percentuale ridicola del 2,4 per cento che garantisce comunque a Ghani il 50,64% dei voti validi.

Numeri che parlano di un governo che non controlla il suo territorio perché nelle campagne e in molti centri comandano gruppi armati riconducibili ai neo-talebani o blandamente affiliati allo Stato islamico. Numeri che parlano di un governo che con il 2,4% di consensi non convince quei gruppi di potere che fanno capo allo sfidante ufficialmente sconfitto Abdullah Abdullah.

L’ex braccio destro di Massud

Da parte suo, l’ex braccio destro del comandante Massud ha già annunciato di non riconoscere il risultato e di voler costituire un governo parallelo. Sei anni fa era successo più o meno lo stesso e alla fine Ghani e Abdullah avevano deciso di spartirsi il potere (e il bilancio pubblico). Questa volta una riconciliazione sembra essere più difficile.

Talebani vincitori

A Kabul si sintetizzano così le squadre in gioco: Ghani? Il presidente voluto dagli americani. Abdullah Abdullah? Il rappresentante dei signori della guerra anti-talebani. Infine, loro gli «studenti del Corano», i talebani, i veri vincitori delle elezioni visto che hanno di fatto impedito il voto all’80 per cento degli aventi diritto e ora stanno trattando con Washington sulla loro partecipazione al potere afghano quando e se le truppe americane si saranno ritirate. Senza passare da un qualunque processo più o meno democratico, i talebani hanno conquistato con le armi e gli attentati tutte le possibilità di vedersi riconosciuto un ruolo almeno altrettanto importante di quello del presidente eletto.

Ritorno alle armi

Dopo la risicata vittoria Ashraf Ghani si trova, così, a governare un Paese diviso in tre. Le città presumibilmente sotto il controllo delle truppe afghane addestrate e stipendiate dagli Stati Uniti resteranno sotto il suo controllo. Le aree a Nord del Paese, attorno a Mazar I Sharif e a Faizabad, si troveranno sotto il controllo dei signori della guerra uzbeki e tajiki che si riconoscono in Abdullah Abdullah. Le aree al Sud, attorno a Khandahar ed Helmand, reteranno sotto controllo talebano.

Tutti pronti a riprendere le armi quando dal Qatar arriveranno gli esiti dei colloqui tra Washington e i neo-talebani per consentire al presidente Donald Trump di presentarsi alle sue elezioni di novembre con in tasca la fine apparente della più lunga guerra della storia americana.

Chi avrà la meglio?

Probabilmente chi avrà più finanziamenti. Dietro a Ghani ci sono i circa 70 miliardi con cui gli Usa sovvenzionano il budget afghano, per il 50% a favore di esercito e polizia. Dietro ai Signori della guerra ci sono Cina, Iran, Russia, India e traffico di oppio. Dietro ai talebani Pakistan, finanziatori del Golfo e traffico di oppio. Tutti avranno armi per combattere. Le vittime saranno, come sempre, soprattutto civili.

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