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Uno sguardo nella polvere dell’Afghanistan – Incontro con Malalai Joya

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di F.M. 5AR 24/04/2018

Dell’incontro con Malalai colpisce la forza e la determinazione che trasmette in ogni singola frase, elementi che arricchiscono il suo intenso curriculum di battaglie, impegni, azioni e successi nelle aride terre afghane.

Malalai Joya ha narrato una realtà poco nota, distante, certamente complessa; forse troppo spesso presentata in maniera semplificata. Una realtà generatasi dalla mortale combinazione di guerra, corruzione e conflitti interni (dopati da forze esterne) che hanno ridotto l’Afghanistan (e le sue infrastrutture) a poco più di un cumulo di macerie polverose.

Ricostruire una nazione dopo anni di devastazione è sicuramente un compito arduo, ma non impossibile. Sono necessarie non solo ingenti risorse economiche; ma anche forti volontà politiche e sociali, sia dentro che fuori i confini nazionali.

L’Afghanistan, nonostante siamo stati abituati a immaginarlo come un paese omogeneamente arretrato e tradizionalista, è ricco di perle innovative, soprattutto tra le giovani generazioni. Perle come Malalai, che racconta degli eroi segreti sulla scena politica afghana: i bambini che riescono accedere all’istruzione e che iniziano già in giovanissima età ad interessarsi di politica.

Malalai denuncia con forza come il vero ostacolo allo sviluppo socio-economico della politica afghana sia in realtà la corruzione e gli interessi stranieri a tenere il territorio e la società dell’Afghanistan in permanente stato di arretratezza.

 

La storia coloniale ci insegna come molte strategie di governo si basino sul concetto di “divide and rule”. Strategia ancora in uso nel medio oriente, dove, stando alle parole di Malalai, i poteri forti agirebbero al fine di limitare lo sviluppo industriale con il fine ultimo di mantenere la popolazione divisa, povera e affamata; controllabile più facilmente.

Malalai spiega che permettere a gruppi di persone di lavorare stabilmente e di organizzarsi (e quindi unirsi) potrebbe costituire una minaccia (quantomeno politica) al regime di governo odierno. Di conseguenza, la CIA interverrebbe costantemente per finanziare le organizzazioni estremiste. Ad oggi, otto partiti estremisti sarebbero presenti ordinatamente in Parlamento prevalentemente grazie al sostegno statunitense.

Si tratterebbe di formazioni politiche a tutti gli effetti, guidate dai “signori della guerra”, supportate dal costante sostegno estero e da un sistema basato sulla corruzione. Gruppi di Parlamentari perfino in grado di comandare stragi contro manifestazioni studentesche, attivisti o esponenti democratici: Malalai le descrive come persone poste al comando con il solo fine di rappresentare una “caricatura” della democrazia.

Parlamentari, o estremisti, che dopo il discorso pronunciato da Malalai presso la Loya Jirga del 2003 (l’equivalente di un parlamento occidentale) ne avrebbero comandato la sua morte in almeno quattro attentati, costringendola tutt’oggi a muoversi in segreto, sotto costante protezione di guardie armate, vivendo di continui spostamenti tra rifugi sicuri; lontano dalla sua famiglia.

Nonostante ciò, Malalai, che ritiene il suo essere solamente “un piccolo sacrificio, necessario per le future generazioni”, continua il suo impegno politico: dare speranza alla gente comune.

Una missione difficile, in una nazione dove la polvere delle macerie copre perennemente gli interessi (e gli errori) di gran parte del mondo avanzato.

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