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Afghanistan, autobomba a Kabul. Almeno tre morti

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La Stampa – G. Stabile 5/9/2019

BombaAccordiPaceTalibanI colloqui di pace
L’ondata di attacchi arriva mentre Taleban e Stati Uniti sono vicinissimi a un accordo di pace, che porterà al ritiro della maggior parte delle truppe occidentali. Nel Paese, dopo 18 anni di guerra civile, ci sono ancora 14 militari americani e altri 13 mila di alleati Nato. Martedì il negoziatore americano Zalmay Khalilzad ha rivelato i primi dettagli tecnici dell’accordo fra Usa e Taliban.
Entro 135 giorni saranno ritirati 5400 soldati americani e chiuse cinque grandi basi nell’Est del Paese. I restanti 8600 soldati saranno concentrati nelle basi di Kandahar e soprattutto Bagram, a 50 chilometri a Nord di Kabul.

Un’autobomba è esplosa questa mattina in una delle zone più sorvegliate di Kabul, in un quartiere che ospita l’ambasciata americana e il quartiere generale della National Directorate of Security (Nds), l’Intelligence afghana. Un primo bilancio, da fonti ospedaliere, parla di almeno tre vittime e oltre trenta feriti. Ma il numero delle vittime è «destinato ad aumentare».

L’esplosione è stata udita in gran parte della capitale afghana e ha devastato l’aerea di Shash Darak, adiacente alla Green Zone, dove ci sono il palazzo presidenziale, i ministeri e le ambasciate più importanti. Il portavoce del ministero dell’Interno Nasrat Rahimi ha precisato che è l’autobomba è saltata in aria in una delle vie principali. Le strade tutt’attorno sono state chiuse e molte persone hanno difficoltà a tornare a casa. Ci sarebbero molte vittime ancora da soccorrere e “decine di ambulanze” sono sul posto.

L’ospedale Wazir Mohammad Akbar Khan ha detto di aver ricevuto “tre persone già decedute e altri trenta ferite, molte in gravi condizioni”. Altre feriti sono stati portati in nosocomi più distanti. L’attacco al momento non è rivendicato. L’Isis, il Network Haqqani e i Taleban hanno compiuto attentati a Kabul negli ultimi mesi. Lunedì è stato colpito il Green Village, dove vivono molti occidentali impiegati in ong e ambasciate. Sedici le vittime, compresi due romeni.

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