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Afghanistan, l’inviato Usa a Doha: “Pronto a firmare l’accordo con i Taleban”

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La Stampa – GIORDANO STABILE – 21 Agosto 2019

Zalmay Khalilzad
Zalmay Khalilzad in Qatar per l’ultimo round di colloqui. Dovrà trovare un compromesso sulle modalità del cessate-il-fuoco, poi andrà a Kabul per sottoporre l’intesa al presidente Ashraf Ghani

L’inviato speciale americano per l’Afghanistan, Zalmay Khalilzad, è arrivato in Qatar per il nono e definitivo round di colloqui con i Taleban e si è detto “pronto” a siglare un accordo per porre fine alla guerra in Afghanistan, la più lunga mai combattuta dagli Stati Uniti, 18 anni.

Subito dopo l’ultimo round, che dovrà trovare un compromesso sulle modalità del cessate-il-fuoco, Khalilzad andrà a Kabul per sottoporre l’intesa al presidente Ashraf Ghani. Poi dovrebbe scattare la tregua e cominceranno i colloqui diretti tra il governo di Kabul e gli studenti barbuti.

Nei giorni scorsi Khalilzad e il mediatore del gruppo islamista, l’ex braccio destro del mullah Omar, Abdul Ghani Baradar, hanno raggiunto un compromesso sui tempi del ritiro delle truppe Usa dal Paese, uno dei punti più difficili nel negoziato. I talebani avevano proposto 9 mesi, gli statunitensi ne chiedevano 18.
Alla fine il mediatore talebano ha accettato un periodo di 14 mesi. Ora però dovrà convincere l’emiro Hibatullah Akhundzada, al vertice dal 2016 e che già sogna di entrare a Kabul come il suo predecessore fece nel 1996, a sottoscrivere l’intesa.

 

I Taleban cercano di mostrare un volto “moderato”. Hanno condannato l’attacco contro una festa di matrimonio di domenica, rivendicato dall’Isis e costato la vita a 63 persone, quasi tutte della minoranza sciita. E hanno promesso di debellare lo Stato islamico, e Al-Qaeda, dall’Afghanistan, in modo che non torni mai più una piattaforma per lanciare attacchi jihadisti contro America ed Europa. Otto round di colloqui a Doha, in Qatar, hanno permesso di limare quasi tutte le differenze. Ma l’intesa non è ancora chiusa. Resta una divergenza di fondo, e cioè sulle aree dove dovrebbe essere applicato il cessate-il-fuoco, primo passo verso poi il ritiro delle truppe Nato, che ha ancora 20 mila uomini sul terreno, 14 mila americani.

L’inviato americano Khalizad insiste che si applichi a tutto il Paese. I Taleban vogliono rispettarlo soltanto nelle aree dove sono presenti soldati occidentali. E quindi tenersi le mani libere con le forze governative. Per il presidente Ghani è il segno che non sono sinceri, e vogliono continuare gli attacchi per mettere in ginocchio il governo e poi trattare da una posizione di forza. In autunno dovrebbero cominciare i colloqui diretti fra Kabul e gli studenti barbuti, per accordarsi sull’esecutivo di unità nazionale. Non è un dettaglio da poco. Il New York Times ha denunciato come soldati e poliziotti vivano assediati nelle loro basi e siano in grado di controllare solo i centri urbani e le principali strade. Senza una tregua generalizzata rischiano di essere spazzati via.

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