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I Talebani guadagnano terreno: aumentano gli attacchi alle scuole femminili

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Di Najim Rahim e David Zucchino – 21 maggio 2019
Traduzione a cura di: Claudia Pisello, Elena Boraschi, Simone Rivello e Cristina Cangemi.

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Macerie di un’aula bombardata il mese scorso nel villaggio di Naw Deh, nella provincia di Farah in Afghanistan. Najim Rahim/The New York Times

NAW DEH, Afghanistan — Poco prima degli esami di metà trimestre, nel mese di gennaio, Mohammad Sadiq Halimi, vicedirettore dell’Istruzione della provincia di Farah, città situata nella parte occidentale dell’Afghanistan, ha ricevuto un ultimatum dai leader talebani del territorio.

Ad Halimi è stato ordinato di licenziare tutti i docenti uomini dalle scuole femminili e rimpiazzarli con insegnanti donne. «Gli uomini non dovrebbero educare le ragazze», sostengono i combattenti.

 

Il governo ha eseguito gli ordini. «Non volevamo dar loro una scusa per chiudere le scuole con la forza», afferma Halimi.

Eppure le scuole di Farah non sono state risparmiate. Il mese scorso, per due notti consecutive, alcuni uomini armati in sella alle loro motociclette hanno dato fuoco a due scuole femminili appena fuori dalla città di Farah, il capoluogo della provincia. Entrambe sono state gravemente danneggiate e il materiale didattico al loro interno è stato distrutto, mettendo fine alle lezioni per quasi millesettecento ragazze. Il graffito su uno dei muri nelle vicinanze recita: «Lunga vita allo Stato Islamico» — nome talebano del movimento.

«Nei mesi scorsi sono state attaccate altre quattro scuole femminili della provincia», dice Muhibullah Muhib, portavoce della polizia.

Oltre a terrorizzare i docenti, gli studenti e le loro famiglie, gli attacchi hanno fatto riemergere la paura che possano ritornare i giorni di repressione del regime talebano, quando i combattenti e gli Stati Uniti cercavano di arrivare a un accordo di pace. Prima della caduta del governo talebano nel 2001, l’istruzione femminile era proibita e le donne erano costrette a rimanere in casa.

Oggi, secondo il Ministero dell’Istruzione, più di 3,6 milioni di ragazze afghane sono iscritte a scuola e centomila donne frequentano l’università. «Ma circa quattrocento scuole miste sono state chiuse nel corso degli ultimi mesi per “ragioni di sicurezza” tra cui conflitti armati, minacce o attacchi dei Talebani», sostiene il Ministro.

I bombardamenti sulla città di Farah sono avvenuti dopo che i leader talebani in Qatar, territorio in cui si sono tenuti i negoziati con gli Americani, hanno dichiarato di essere a favore dei diritti delle donne secondo la legge islamica, compreso quindi anche il diritto all’istruzione.

Ma nella città di Farah gli attacchi alle scuole hanno evidenziato i forti timori che le donne afghane hanno nei confronti di un nuovo governo comprendente i Talebani perché tornerebbe a vietare o a limitare l’istruzione femminile.

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Targa contenente l’incisione delle bandiere dell’Afghanistan e degli Stati Uniti — in seguito entrambe cancellate — e un messaggio in cui si legge che nel 2005 l’Agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale aveva dato il proprio contribuito per la costruzione della scuola.
Najim Rahim/The New York Times

Sosan Aubi, un’insegnante di trentotto anni di una delle scuole incendiate il mese scorso, sosteneva, insieme ad altri docenti, di essere ottimista riguardo le possibilità di pace dopo i negoziati in Qatar. «Ma dopo queste ultime esplosioni abbiamo ormai perso le speranze».

Nayab Khan, commerciante del villaggio, le cui sorelle e figlie frequentavano una delle scuole incendiate, dice di non credere alle promesse dei Talebani.

«Dicono che i cambiamenti sono per il bene di tutti, eppure fanno saltare in aria le scuole per impedire alle bambine di ricevere un’istruzione», afferma Khan.

Zabihullah Mujahid, un portavoce talebano, ha smentito il coinvolgimento delle forze talebane negli attacchi e ha assicurato che i combattenti indagheranno e puniranno i responsabili. Se le scuole saranno riaperte, «non ci sarà alcuna minaccia da parte nostra», assicura.

I residenti, fuori di sé per l’accaduto, hanno precisato che le scuole attaccate si trovavano in aree controllate dai Talebani. Hanno inoltre dichiarato che i funzionari del governo non si sono nemmeno recati nelle scuole per fare una stima dei danni.

Secondo Dadullah Qani, un membro del consiglio provinciale di Farah, gli attacchi dimostrano che il governo sta perdendo il controllo della provincia.

«Le condizioni di sicurezza peggiorano di giorno in giorno. Non c’è alcuna differenza tra governo e cittadini, entrambi sono impotenti di fronte a questi attacchi», afferma Qani.

I funzionari dei governi provinciali e i membri anziani sostengono che gli attacchi rappresentano una scissione tra i Talebani: molte autorità civili talebane sono, infatti, disposte a tollerare l’istruzione femminile, mentre alcuni comandanti militari sono totalmente contrari. I Talebani hanno messo in atto il cosiddetto governo ombra nelle aree controllate o contese dai combattenti, imponendo tasse ai residenti e istituendo nuovi uffici per gestire le problematiche quotidiane.

«Alcuni sono disposti ad accettare l’istruzione femminile, altri invece no», afferma il vicedirettore dell’istruzione Halimi.

I membri anziani hanno dichiarato che è stata inviata una delegazione a Farah per richiedere ai funzionari del governo la ricostruzione delle scuole, ma il governo si è dichiarato impotente al riguardo e ha consigliato alla delegazione di rivolgersi ai leader talebani locali.

Halimi sostiene che un gruppo di cinquanta cittadini sta pensando di riprendere temporaneamente le lezioni sotto alcuni tendoni. I residenti hanno dichiarato che i funzionari talebani per l’istruzione hanno preso contatto con i presidi delle scuole per organizzare le riaperture, ma hanno bisogno di tempo per raggiungere un accordo con i comandanti militari talebani.

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Un addetto alla sicurezza osserva i banchi distrutti e le macerie all’interno della scuola femminile Sher Ali Khan a Naw Deh.
Najim Rahim/The New York Times

Mohammad Azimi, il direttore per l’istruzione della provincia, ha dichiarato di aver chiesto a genitori e studenti di dare una mano per la riapertura delle scuole.

Alla scuola Sher Ali Khan, nel villaggio di Deh Now, situato a poco più di dieci chilometri dalla città di Farah, le finestre sono state distrutte e le pareti sono crollate. All’interno, i tavoli bruciati e i documenti scolastici erano sparsi ovunque.

All’ingresso della scuola c’era una targa contenente l’incisione delle bandiere dell’Afghanistan e degli Stati Uniti e un messaggio che diceva che nel 2005 l’Agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale aveva dato il proprio contributo per la costruzione della scuola. Qualcuno aveva tentato di rimuovere la bandiera statunitense. (L’ufficio dell’agenzia, che si trova a Kabul, ha comunicato che al tempo non finanziava più la scuola ma che in passato potrebbe essere esistito un progetto in tal senso.)

Secondo Abdul Rahman, il preside della scuola, nella notte del 15 aprile cinque uomini armati e mascherati hanno ucciso il guardiano notturno per poi versare benzina all’interno della scuola e darle fuoco. Inoltre, hanno fatto esplodere un piccolo ordigno all’interno della segreteria.

Rahman ha raccontato anche che gli assalitori hanno bruciato i registri scolastici, il materiale per gli studenti e i libri di testo, risparmiando tuttavia quelli islamici.

«Adesso tutte le ragazze hanno paura», afferma Rahman. «Anche se riaprissimo la scuola, potrebbero non venirci più.»

Le tre figlie del negoziante quarantacinquenne Abdul Hamid Haidari frequentavano la scuola Sher Ali Khan e tra queste la diciottenne Roya avrebbe dovuto diplomarsi quest’anno per poi intraprendere la carriera di insegnante, ma probabilmente non potrà farlo, perché le sue pagelle sono andate distrutte.

Haidari ha rivelato che le sue figlie sono scoppiate a piangere quando sono venute a sapere dell’attacco, ma che per via della sua ferma intenzione di dare un’istruzione ai suoi figli – tre femmine e quattro maschi – ha fatto grandi sacrifici e ha trovato delle scuole per loro nonostante il clima di precaria sicurezza.

«Speravo in un cambiamento della situazione dopo i negoziati di pace ma ora che la nostra scuola è stata rasa al suolo non sono più così ottimista», dice.

Qani, membro del consiglio provinciale, ha descritto un clima di paura e sfiducia a seguito degli attacchi alle scuole, che secondo lui potrebbero aver avuto l’effetto desiderato: anche se le scuole dovessero essere riaperte, molti genitori avrebbero paura a farvi tornare le proprie figlie.

«Se oggi radono al suolo le scuole, domani attaccheranno gli studenti?», si domanda Qani.

Contributo di Fahim Abed e Fatima Faizi da Kabul, Afghanistan e di Taimoor Shah da Kandahar, Afghanistan.

Una versione di quest’articolo si trova nel formato cartaceo del numero del 23 maggio 2019, a pagina A10 dell’edizione di New York con il titolo: “All of Us Have Lost Our Hope: Attacks Hit Girls’ Schools as Taliban Ascend – Abbiamo perso la speranza: attacchi alle scuole femminili con l’ascesa dei Talebani

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