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World Report 2019: Unione Europea

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Da www.hrw.org Tradizione a cura di: Cristina Cangemi, Ester Peruzzi, Sara Somaini, Claudia Pisello, Elena Boraschi e Simone Rivello

200px Hrw logo.svg201901wr eu human rightsUnione Europea

Nonostante la riduzione del numero di migranti che arrivano ai confini dell’Unione Europea, i leader dei partiti populisti negli Stati dell’Unione cercano di sfruttare il problema della migrazione per alimentare la paura e incrementare i propri voti alle elezioni. La posizione che assumono nei confronti della migrazione di frequente danneggia i valori morali dell’UE e spesso ha poco a che vedere con le politiche in vigore.

Tuttavia, le istituzioni europee hanno agito per far fronte agli attacchi del governo ungherese contro le istituzioni democratiche del paese e a quelli del governo polacco nei confronti dello stato di diritto.

Migrazione e asilo

Nonostante il numero di migranti e richiedenti asilo sia in calo e abbia raggiunto il tasso antecedente al 2015, la rigida condotta anti-immigrazione, spesso opportunistica, dei governi europei, tra cui Italia, Ungheria e Austria, ha guidato il dibattito sui migranti per tutto l’anno.

Gli accordi per apportare riforme alle leggi su diritto di asilo ed equa distribuzione delle responsabilità nella gestione di migranti e richiedenti asilo, in ingresso o già presenti in territorio europeo, sono stati bloccati. Pertanto, l’obiettivo è rimasto quello di mantenere migranti e richiedenti asilo al di fuori dell’UE, anche mediante improbabili proposte di gestione offshore e accordi di cooperazione con paesi extra UE con meno risorse, con rapporti irregolari sui diritti umani e con inferiori capacità di gestire le domande di asilo.

Alla metà di novembre sono stati registrati 107.900 arrivi via mare (la grande maggioranza) e via terra, rispetto ai 172.300 del 2017. Una somma di fattori, tra cui la difficoltosa cooperazione dell’UE con la Libia e le restrizioni sulle operazioni di soccorso non governative nel Mediterraneo centrale, ha portato a un evidente calo degli arrivi in Italia, mentre sono aumentati gli attraversamenti dalla Turchia alle isole della Grecia e dal Marocco alla Spagna.

L’Unione Europea ha consolidato gli accordi con la Libia sul controllo della migrazione nonostante inconfutabili testimonianze di brutalità contro migranti e richiedenti asilo. Il sostegno dato alla Guardia Costiera libica, unitamente al riconoscimento, avvenuto a giugno, da parte dell’Organizzazione marittima internazionale di un’area di ricerca e soccorso libica, ha causato il blocco in mare di un numero sempre maggiore di migranti e la loro conseguente detenzione in condizioni abusive in Libia.

Il programma proposto dall’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) per l’evacuazione dei richiedenti asilo vulnerabili dalla Libia al Niger non ha ricevuto sufficienti proposte di reinsediamento dai paesi dell’Unione. Nel mese di settembre, l’UNHCR ha aggiornato le proprie posizioni sui rimpatri in Libia, evidenziando che la Libia non è un paese sicuro per lo sbarco di persone soccorse in mare.

I tentativi degli Stati membri di bloccare le operazioni di soccorso effettuate dalle ONG e il crescente affidamento sulle guardie costiere libiche hanno provocato un’impennata nel tasso di mortalità. A metà novembre, il bilancio delle vittime ammontava a 2.043, in calo rispetto al 2017. Tuttavia, secondo l’UNHCR, il tasso di mortalità per traversata è aumentato da 1 persona su 42 nei primi otto mesi del 2017 a 1 su 18 nello stesso periodo del 2018.

Agli inizi di giugno, l’Italia ha iniziato a fermare o rinviare gli sbarchi di rifugiati di navi militari, commerciali e ONG. A seguito dell’appello di Malta, si sono verificati numerosi incidenti diplomatici per cui centinaia di persone sono rimaste bloccate a bordo delle navi di soccorso fino al raggiungimento di accordi ad hoc sullo sbarco. Tali misure sono state fonte di preoccupazione in quanto possibili deterrenti per le navi mercantili al soccorso.

Invece di trovare un accordo regionale sugli sbarchi per garantire un sistema equo e regolare di distribuzione delle responsabilità tra i paesi dell’UE, i leader degli Stati membri si sono focalizzati sulla creazione delle cosiddette piattaforme di sbarco al di fuori dell’UE, luoghi in cui vengono portate tutte le persone soccorse al fine di gestirne le domande di asilo.

Egitto, Tunisia, altri Stati nordafricani e Albania sono stati proposti come possibili partner nonostante varie preoccupazioni riguardo condizioni, accoglienza ed effettivo accesso all’asilo.

Molte delle riforme al diritto di asilo europeo, proposte a maggio 2016, non sono state accolte. Le modifiche della Convenzione di Dublino, necessarie al fine di garantire una più equa distribuzione della responsabilità nella gestione dei richiedenti asilo, sono le più controverse.

A metà del 2018, il Belgio ha intrapreso dei programmi per riavviare la detenzione familiare dei migranti, portando a termine la costruzione di nuovi centri di detenzione per famiglie migranti con bambini. Il paese aveva abbandonato i programmi di detenzione dei bambini, non accompagnati o in famiglia, nel 2016. In un’indagine del 2017, la EU Agency for Fundamental Rights (FRA) ha segnalato che i paesi europei non forniscono sistematicamente i dati riguardanti la detenzione dei bambini migranti. Negli altri paesi dell’UE, 16 dei 28 stati membri hanno trattenuto bambini nei centri di detenzione nel 2016, l’ultimo anno di cui sono disponibili i dati completi.

Discriminazione e intolleranza

Partiti e idee populiste estremiste hanno esercitato un’enorme influenza sulle politiche europee durante l’anno. I partiti populisti radicali di destra sono stati rieletti in Ungheria, si sono uniti a governi di coalizione in Italia e Austria e hanno guadagnato terreno alle elezioni in Svezia e Slovenia e a quelle federali in Germania. Il governo populista della Polonia è rimasto al potere, ma ha subito un rallentamento alle elezioni locali nel 2018. I principali partiti politici di molti Stati dell’UE, tra cui la Germania, continuano ad adottare politiche anti-immigrazione, anti-rifugiati e anti-Islam.

Durante l’anno, le autorità della Danimarca hanno introdotto una serie di provvedimenti per rafforzare il “valore danese”, designando come “ghetti” alcune aree in base all’elevato numero di residenti appartenenti a minoranze etniche o immigrati e residenti di basso status sociale. I bambini presenti in tali aree sono soggetti all’obbligo di andare all’asilo per favorire l’integrazione. In agosto, è entrato in vigore il divieto di indossare il velo islamico nei luoghi pubblici.

Si sono verificati casi di intolleranza razzista o crimini d’odio violenti in molti Stati dell’Unione, tra cui Bulgaria, Francia, Germania, Grecia, Ungheria, Italia, Slovacchia, Spagna e Regno Unito. L’antisemitismo rimane grande fonte di preoccupazione negli stati membri.

Un’indagine condotta ad aprile dalla EU Agency for Fundamental Rights (FRA) ha rilevato che i Rom nei vari paesi dell’UE sono di frequente oggetto di molestie e vittime di discriminazione per l’accesso a istruzione, lavoro e assistenza sanitaria.

La Commissione europea ha convocato una riunione al fine di sviluppare degli standard di integrazione per i disabili durante le operazioni umanitarie finanziate dall’UE.

Le discriminazioni sessiste e di genere rimangono molto diffuse. Al momento della stesura del presente rapporto, otto Stati membri non avevano ancora ratificato la Convenzione di Istanbul, una convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne. In luglio, la corte costituzionale della Bulgaria ha definito la convenzione incompatibile con la propria costituzione.

In Irlanda, un referendum tenutosi a maggio ha revocato il divieto pressoché totale di aborto nel paese; al momento della stesura del presente rapporto, la legge che legalizzava l’accesso all’aborto era in attesa di approvazione dinanzi al Parlamento. In Polonia, al momento della stesura del presente rapporto, un disegno di legge introdotto a gennaio per “fermare l’aborto” era in attesa di approvazione. L’obiettivo dell’iniziativa è quello di imporre ulteriori restrizioni all’aborto legale nei casi di anomalie fetali gravi, che costituiscono il 95% degli aborti legali effettuati in Polonia.

A giugno, la Corte di giustizia dell’Unione Europea ha deliberato che i coniugi di unioni omosessuali cittadini europei hanno diritto di libera circolazione in tutti gli Stati membri, anche qualora la legislazione matrimoniale di uno Stato membro (in questo caso la Romania) non autorizzi le unioni omosessuali.

Stato di diritto

Le istituzioni dell’UE hanno intensificato gli interventi sulla condotta di alcuni governi che minacciano lo Stato di diritto e altri valori fondamentali dell’UE. Poiché costituiscono una minaccia, Polonia e Ungheria sono stati sottoposti ai meccanismi politici contenuti nell’articolo 7 del Trattato sull’Unione Europea.

A dicembre 2017, la Commissione europea ha attuato l’articolo 7 in risposta alla crisi dello stato di diritto in Polonia, provocato dall’adozione di 13 leggi che compromettono il potere giudiziario del paese. Al momento della stesura, i ministri per gli Affari Europei dell’Unione avevano convocato due udienze, a giugno e a settembre, con il governo della Polonia al fine di discutere tali problematiche.

Nel frattempo, la commissione ha applicato delle misure coercitive in Polonia contro la Legge sul Tribunale costituzionale e la Legge sulla Corte Suprema, rinviando entrambi i casi alla Corte di Giustizia a dicembre 2017 e settembre 2018. Nel mese di ottobre, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha ordinato alla Polonia di sospendere l’applicazione della Legge sulla Corte Suprema che avrebbe destituito i giudici in carica fino a decisione definitiva. Al momento della stesura del presente rapporto, la Corte di Giustizia europea doveva ancora prendere una decisione nel merito di entrambe le cause.

A luglio, la Corte di Giustizia ha deliberato che gli ordini giurisdizionali degli Stati hanno la facoltà di fermare le domande di estradizione, altrimenti immediata, da parte della Polonia caso per caso se viene determinato che l’imputato non può avere la garanzia di un processo equo.

A settembre, il Parlamento Europeo ha deciso di attuare l’articolo 7 sulla situazione in Ungheria con una maggioranza dei due terzi. Il parlamento ha manifestato perplessità riguardo una molteplicità di questioni, tra cui indipendenza giuridica, libertà di espressione, libertà di associazione, libertà accademica e diritti di migranti e richiedenti asilo.

A dicembre 2017, la Commissione europea ha deferito alla Corte di Giustizia la Legge ungherese sull’istruzione superiore del 2017 e la Legge sulla trasparenza delle organizzazioni finanziate dall’estero. A luglio 2018, la commissione ha deferito alla Corte di Giustizia la Legge ungherese sulla gestione dei richiedenti asilo. Ha inoltre avviato misure coercitive contro la legge anti-ONG adottata dall’Ungheria a maggio.

A novembre, il Parlamento Europeo ha adottato una risoluzione manifestando preoccupazione in merito alle riforme legislative applicate in Romania che ledono l’indipendenza giuridica e compromettono le facoltà delle ONG di operare nel paese.

A maggio, la Commissione europea ha proposto che il prossimo budget europeo, che partirà nel 2021, debba vincolare la distribuzione dei fondi ai membri che attuano secondo i principi dello stato di diritto.

L’uccisione di tre giornalisti in alcuni stati membri ha sollevato questioni preoccupanti riguardo la protezione della libertà di stampa nell’UE. La giornalista maltese Daphne Caruana Galizia è stata uccisa nell’esplosione di un’autobomba a ottobre 2017; il giornalista slovacco Ján Kuciak è stato ucciso con un colpo di pistola a febbraio 2017; e la giornalista televisiva bulgara, Viktoria Marinov, è stata violentata e uccisa a ottobre 2018. I tre i giornalisti si stavano occupando di smascherare corruzione e presunte frodi. Al momento della stesura del presente rapporto, nessuno dei casi era stato risolto.

Terrorismo e controterrorismo

A marzo, la Commissione europea ha annunciato una serie di “misure operative” non vincolanti, rivolte a Stati e aziende che operano nel settore dei servizi Internet, al fine di rimuovere i contenuti online ritenuti connessi al terrorismo o in altro modo illegali, sollevando preoccupazioni riguardo privacy e libertà di espressione. A settembre, la commissione ha pubblicato una proposta di regolamento che, se approvata, trasformerebbe tali misure in legge, istituendo ingenti sanzioni per le aziende che non hanno rimosso prontamente i contenuti considerati illegali.

Due sentenze chiave emanate a maggio dalla Corte europea dei diritti dell’uomo hanno condannato Lituania e Romania, risultate complici nel programma di tortura e detenzione segreta della CIA negli anni 2000. La corte ha inoltre dichiarato inefficaci le indagini nazionali condotte in entrambi i paesi, richiedendo dunque la riapertura delle stesse al fine di identificare e punire gli ufficiali responsabili.

Nel mese di marzo, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha rifiutato la richiesta da parte del governo irlandese di riaprire lo storico caso Irlanda vs Regno Unito riguardante le tecniche di interrogatorio proibite utilizzate dalle forze armate britanniche nell’Irlanda del Nord negli anni ’70.

L’Irlanda ha chiesto di riaprire il caso alla luce di nuove testimonianze secondo cui il Regno Unito ha nascosto informazioni, trasformando la sentenza in maltrattamento invece che tortura.

Alla fine di settembre, almeno 12 Stati membri hanno dichiarato di aver inserito nel proprio diritto interno le direttive europee del 2017 per combattere il terrorismo. Tali direttive contengono misure che ledono la libertà di espressione e di circolazione.

Croazia

Secondo il ministro degli interni, sono 2.348 i migranti e 852 i richiedenti asilo che hanno attraversato i confini della Croazia tra gennaio e agosto. Le autorità hanno garantito asilo a 140 persone e protezione sussidiaria ad altre 21 nello stesso periodo.

Ad agosto, l’UNHCR ha presentato l’accusa secondo cui, da gennaio, circa 2.500 richiedenti asilo e migranti sono stati respinti dalla polizia croata e rimandati in Bosnia Erzegovina; sono stati negati centinaia di accessi alle procedure di asilo e registrate più di 700 accuse di violenza e furti da parte della polizia. Lo stesso mese, vari membri del Parlamento Europeo provenienti da 11 stati hanno congiuntamente sollecitato la Commissione europea a indagare prontamente su tali accuse: a ottobre il Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa ha ribadito tale appello.

Una decina d’anni dopo la ratifica da parte della Croazia della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità (CRPD), migliaia di adulti e bambini disabili sono rimasti segregati in istituti isolati. Un progetto di legge sull’affido familiare presentato dal governo a maggio darebbe la priorità all’inserimento di adulti con disabilità in affido familiare, anche senza il loro consenso, in pieno contrasto con la CRPD. Al momento della stesura la questione era ancora in sospeso.

Una ricerca finanziata dal governo pubblicata a luglio ha rilevato che la quasi totalità dei rom del paese vive in povertà e meno di un terzo di loro conclude gli studi primari.

Una campagna iniziata a maggio, al fine di indire un referendum che riduca il numero di posti riservati all’etnia serba nel parlamento croato e che ne limiti i voti riguardo budget e formazione del governo, ha allarmato i leader della comunità serba e le ONG. Al momento della stesura del presente rapporto, le autorità stavano esaminando la proposta.

Tra gennaio e settembre 2018, sono stati presentati dinanzi ai tribunali croati 14 crimini di guerra.

Nello stesso periodo, i tribunali hanno dichiarato colpevoli di crimini di guerra solo quattro persone e i procedimenti penali si sono svolti molto lentamente.

Francia

Ad agosto, la Francia ha adottato una legge irregolare su asilo e immigrazione. Il difensore civico francese, il Commissario per i diritti umani del Consiglio Europeo, l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati e varie ONG hanno accusato tale legge di ostacolare l’accesso all’asilo, diminuendo il diritto di appello e la salvaguardia delle persone soggette alle procedure accelerate di asilo. La legge non è riuscita a vietare la detenzione dei bambini migranti, poiché sei decreti della Corte europea dei diritti dell’uomo hanno dichiarato che tale detenzione avrebbe violato i loro diritti.

Tra aprile e maggio, il difensore civico francese ha segnalato le dure condizioni di vita di migranti e richiedenti asilo nei campi di La Villette, a Parigi, e in quelli di Grande-Synthe, un comune nel nord della Francia, e ne ha sollecitato lo smantellamento a meno che non vengano apportate modifiche durevoli nel rispetto dei diritti fondamentali dell’uomo. Le autorità hanno sgomberato i campi rispettivamente alla fine di maggio e agli inizi di settembre. Le condizioni di vita dei migranti e richiedenti asilo nell’area di Calais sono tuttora avvilenti e continuano gli abusi sui volontari da parte della polizia.

A Parigi, le autorità a tutela dei minori continuano a utilizzare procedure irregolari di valutazione dell’età sui minori migranti non accompagnati, escludendo molti di essi dall’assistenza di cui hanno bisogno e diritto, e lasciandone centinaia senza dimora.

Nel mese di luglio, il Consiglio Costituzionale ha decretato la solidarietà come uno dei più alti valori della Repubblica francese, dunque l’assistenza ai migranti non può essere criminalizzata “se effettuata con fini umanitari”. Questo decreto è stato inserito nella legge su asilo e immigrazione di agosto. Le ONG sono tuttora preoccupate che i giudici possano interpretare in senso stretto l’eccezione umanitaria, autorizzando dunque i procedimenti penali.

Dalla fine del 2017, l’ufficio di sostegno per l’asilo francese ha selezionato 458 rifugiati, attualmente nei campi di Niger e Ciad, per il reinsediamento. La Francia ha dichiarato di voler trasferire 3.000 rifugiati da quell’area entro ottobre 2019.

A maggio, l’ONG francese SOS Homophobie ha dichiarato di aver ricevuto nel 2017 il 15% in più di comunicazioni di aggressioni fisiche nei confronti di persone LGBT rispetto al 2016. A novembre, il primo ministro francese Edouard Philippe ha dichiarato un aumento del 69% delle aggressioni su base antisemita durante i primi nove mesi del 2018 rispetto al 2017. A maggio, la Commissione per i diritti umani francese ha riportato un aumento dell’8% delle aggressioni anti-Islam nel 2017 rispetto al 2016.

La gradita decisione, presa ad aprile, di includere nel sistema nazionale per l’autismo l’accesso a un’istruzione inclusiva si trova in contrasto con una legge sugli alloggi, adottata a ottobre, che ridurrebbe l’obbligo di garantire alloggi con accesso per sedie a rotelle.

In agosto, la Francia ha adottato una nuova legge sulla violenza sessuale volta a combattere molestie e violenza sessuale sui minori. La legge rende reato le molestie subite in strada, amplia la legge sulla prescrizione di reati a sfondo sessuale su minori da 20 a 30 anni e concede al giudice il potere di decidere caso per caso se un atto sessuale effettuato da un adulto su un minore di 15 anni sia stupro, ma presenta enormi carenze in quanto non considera reato ogni atto sessuale su un minore di 15 anni. A settembre, per la prima volta dopo l’approvazione della nuova legge, un uomo dichiarato colpevole di molestie sessuali ha ricevuto una sanzione di 300 euro.

La revisione periodica universale sulla Francia è stata stilata dall’UNHRC a gennaio e il verbale è stato adottato a giugno. La Francia ha accettato le raccomandazioni di interrompere il profiling etnico durante i controlli di identità ma non ha preso provvedimenti legislativi per mettere fine a tali pratiche.

Durante una visita in Francia a maggio, il relatore speciale delle Nazioni Unite su diritti umani e controterrorismo ha espresso preoccupazioni riguardo la legge sul controterrorismo del 2017, la quale incorpora alla legge ordinaria i poteri di stato di emergenza e comporta una salvaguardia insufficiente sull’uso di provvedimenti non criminali contro i sospettati di terrorismo.

Germania

A ottobre, la cancelliera tedesca Angela Merkel ha annunciato che non punterà al quinto mandato dopo gli scarsi risultati ottenuti dal suo partito, l’Unione Cristiano-Democratica di Germania, e dal partito fratello, l’Unione Cristiano-Sociale in Baviera (CSU), durante le elezioni federali. Il tentativo di emulare la retorica e il programma del partito anti-immigrazione Alternativa per la Germania (AfD) da parte del CSU nelle elezioni in Baviera gli si è ritorto contro; il CSU ha infatti perso voti, mentre i Verdi ne hanno guadagnati, diventando il secondo partito più forte in Germania.

L’arrivo di richiedenti asilo e migranti è diminuito per il terzo anno consecutivo, mentre le autorità federali hanno fatto significativi progressi sistemando le domande di asilo arretrate. Alla fine di luglio sono stati registrati 96.644 nuovi richiedenti asilo, con un calo del 16,6% rispetto allo scorso anno.

Nonostante il dissenso da parte del neo-governo di coalizione federale tedesco riguardo l’approccio alle politiche europee in materia di migrazione e asilo, la Germania ha continuato ad avere un ruolo di leadership nel reinsediamento dei rifugiati. Ad aprile, il governo ha dichiarato che la Germania accetterà 4.600 rifugiati reinsediati nel 2018 e 5.600 nel 2019 per contribuire al programma dell’UE. A luglio, il governo ha concesso l’entrata di 300 rifugiati evacuati in Niger dalla Libia.

Le ONG hanno criticato alcuni aspetti del sistema di espulsione tedesco dopo vari casi in cui i richiedenti asilo sono stati riportati nei rispettivi paesi d’origine mentre le procedure erano ancora in corso, tra cui un tunisino espulso nonostante un’ordinanza del tribunale ne bloccasse il trasferimento perché rischiava la tortura.

Le aggressioni a rifugiati e richiedenti asilo costituiscono tuttora una fonte di preoccupazione, sebbene i casi siano diminuiti rispetto agli anni scorsi. Nella prima metà del 2018, la polizia ha riportato 627 aggressioni a rifugiati e richiedenti asilo fuori dalle loro case e 77 aggressioni nei centri di accoglienza.

Le manifestazioni xenofobe nella città di Chemnitz, scatenate dall’uccisione, nel mese di agosto, di un uomo tedesco, presumibilmente da parte di due cittadini stranieri, e lo sfruttamento di tale episodio da parte dell’estrema destra hanno riportato episodi violenti, tra cui alcune aggressioni a persone considerate “non tedesche”.

A marzo, un giudice di Dresda ha dichiarato otto persone appartenenti a un gruppo di estrema destra colpevoli di reati di matrice terroristica e tentato omicidio per le aggressioni nel 2015 verso alcuni centri di accoglienza per rifugiati e verso alcuni esponenti politici locali favorevoli all’accoglienza dei migranti. A luglio, un giudice di Monaco di Baviera ha dichiarato un uomo colpevole di omicidio, reati legati al terrorismo e incendio doloso per una serie di omicidi compiuti da un gruppo neonazista tra il 2000 e il 2006. Quattro complici sono stati condannati con accuse per reati minori.

Il Network Enforcement Act (NetzDG), la piuttosto discussa normativa riguardo la censura di Internet, è entrato in vigore il 1° gennaio. La legge obbliga i social media a rimuovere gli elementi che incitano all’odio e altri contenuti illegali, pena ingenti sanzioni. La critica è iniziata dopo che gli account o i contenuti di alcuni personaggi di spicco sono stati bloccati, a seguito del NetzDg o dei termini di utilizzo di alcune società.

A gennaio, un gruppo di giornalisti stranieri, con il supporto dell’Associazione dei giornalisti tedesca e altri gruppi editoriali a favore della libertà di stampa, ha contestato il potere di sorvegliare le comunicazioni dei cittadini stranieri delle agenzie di intelligence tedesche davanti alla Corte costituzionale federale, sostenendo che tali pratiche violano il diritto di libertà di espressione e la privacy.

Le autorità giudiziarie tedesche hanno continuato il loro lavoro investigando i crimini internazionali gravi commessi all’estero, per esempio in Siria.

Grecia

Sebbene la Grecia abbia continuato a ospitare un grande numero di richiedenti asilo, non è riuscita a proteggerne i diritti. Complessivamente, il numero di arrivi è aumentato rispetto allo stesso periodo del 2017. L’inadeguatezza dell’accoglienza e del sistema di asilo si è intensificata in concomitanza del grave sovraffollamento, di condizioni antigieniche e insalubri e della mancanza di sufficiente assistenza specialistica, tra cui cure mediche, counseling e assistenza psicologica. La violenza fisica e di genere è molto frequente nei campi rifugiati; le ONG riportano inoltre un deterioramento delle condizioni di salute mentale tra i richiedenti asilo. La maggioranza dei bambini non accompagnati continua a essere sistemata nei campi insieme agli adulti, nei cosiddetti centri di custodia o detenzione protetta, mentre le autorità non riescono a risolvere la carenza di centri di accoglienza e di affido riservati ai minori.

Le politiche di accompagnamento europee alla Grecia riguardo il contenimento nelle isole Egee dei richiedenti asilo che arrivano via mare hanno bloccato centinaia di persone in queste condizioni.

Il governo ha trasferito 18.000 richiedenti asilo dalle isole alla zona continentale in seguito a una campagna coordinata dalle ONG a novembre, tuttavia si è rifiutato di applicare il decreto vincolante della corte suprema che mette fine alle politiche di confinamento dei nuovi rifugiati, adottando inoltre, a maggio, una nuova legge per proseguire tali pratiche. Nel mese di settembre un’ispezione delle autorità regionali di Lesbo ha constatato che il campo profughi di Moria, uno dei più estesi, rappresenta un pericolo per la sanità pubblica e per l’ambiente e ha chiesto al governo di far fronte a tali gravi condizioni, o che in alternativa si provveda alla chiusura del campo.

Alcuni migranti e richiedenti asilo che hanno tentato di attraversare il confine terrestre dalla Turchia alla regione nordorientale di Evros hanno dichiarato di essere stati rimandati immediatamente in Turchia, anche in maniera violenta. La Grecia non ha affrontato le esigenze derivanti dall’accoglienza di nuovi richiedenti asilo nella regione, nonostante l’aumento di arrivi sia iniziato nel mese di aprile. Di conseguenza, donne e bambine sono state alloggiate con uomini estranei in luoghi di accoglienza o detenzione per richiedenti asilo senza avere alcun accesso ai servizi essenziali.

Meno del 15% dei bambini richiedenti asilo nelle isole ha accesso all’istruzione e solo un bambino su due nella zona continentale viene iscritto alle scuole pubbliche.

I gruppi di estrema destra continuano a portare avanti campagne elettorali contro i richiedenti asilo nelle isole e i media hanno riportato varie aggressioni contro persone presunte migranti o musulmane in tutto il paese. Le statistiche per il 2017 effettuate dalla polizia sui crimini d’odio, pubblicate a marzo, hanno evidenziato un significativo aumento rispetto all’anno precedente.

Il Comitato europeo per la prevenzione della tortura ha fatto visita alla Grecia ad aprile e ha emesso un rapporto preliminare segnalando evidenti preoccupazioni riguardo trattamenti inumani e degradanti nelle strutture psichiatriche e nei centri di detenzione per i migranti.

Ungheria

Fidesz, il partito al potere in Ungheria, e il primo ministro a esso appartenente Viktor Orbán hanno ottenuto il terzo mandato consecutivo con una maggioranza dei due terzi alle elezioni di aprile.

Prima delle elezioni di aprile, il governo ha messo in atto una campagna diffamatoria attraverso tv, radio e cartelloni pubblicitari affissi in tutto il paese rivolgendosi alle organizzazioni della società civile che si occupano di richiedenti asilo e migranti e al filantropo ungherese George Soros, uno dei loro principali fondatori.

Durante il periodo di campagna elettorale, gli ufficiali governativi, compreso il primo ministro Orbán, hanno definito “agenti di Soros” le organizzazioni della società civile, gli oppositori politici e i giornalisti che criticavano il governo.

Oltre a essere oggetto di questa campagna diffamatoria, proseguita anche dopo le elezioni sui media filogovernativi, nel 2018 le organizzazioni della società civile, in particolare quelle che si occupano di richiedenti asilo e migranti, hanno iniziato a subire pressioni crescenti da parte del governo.

A giugno il parlamento ha approvato una serie di emendamenti alla costituzione e ad altre leggi proposta dal governo, criminalizzando qualsiasi forma di servizio, assistenza e supporto offerta a richiedenti asilo e migranti, atto punibile con pene fino a un anno di reclusione. Queste misure sono entrate in vigore a luglio. Al momento della stesura del presente rapporto non era ancora stato avviato alcun processo penale a riguardo. Le misure sono state adottate nonostante le critiche giunte a febbraio dal Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa, ad aprile dal Comitato per i diritti umani delle Nazioni Unite, a maggio dall’UNHCR e a giugno dall’organo consultivo costituzionale del Consiglio d’Europa.

Nel corso dell’anno le istituzioni dell’UE hanno adottato diverse misure coercitive nei confronti dell’Ungheria (vedi paragrafo Stato di diritto).

Ad agosto è stata introdotta una tassa straordinaria del 25 per cento sui fondi stanziati per le organizzazioni “che favoriscono l’immigrazione”, dalla quale sono esenti solo i partiti politici e le organizzazioni internazionali.

Non è stato raggiunto alcun accordo tra la Central European University e il governo ungherese per garantire l’attività dell’ateneo in Ungheria a seguito dell’introduzione nel 2017 di una legge violenta con la quale il governo era intenzionato a espellere l’università dal paese.

Una legge sul diritto di associazione destinata a entrare in vigore nell’ottobre 2018 dà alla polizia maggiore libertà di autorizzare o meno qualsiasi manifestazione.

Nel 2018 il paese ha visto un sostanziale calo delle domande di asilo, soprattutto a causa della quasi totale impossibilità di entrare nel paese in cerca di protezione.

Fino ad agosto, le autorità avevano limitato gli ingressi da parte dei richiedenti asilo a 1-2 persone al giorno, lasciandone migliaia in Serbia in condizioni di povertà. All’inizio di agosto le autorità ungheresi hanno negato l’accesso al cibo ai richiedenti asilo respinti nelle zone di transito. Successivamente, a seguito di un intervento di emergenza da parte della Corte europea dei diritti dell’uomo, le autorità hanno ripreso a distribuire cibo.

A luglio è entrato in vigore un emendamento costituzionale che ha limitato ancor di più l’accesso all’asilo vietando esplicitamente “l’insediamento di popoli stranieri” in Ungheria e negando qualsiasi tipo di protezione a tutti i richiedenti asilo che raggiungono l’Ungheria passando per qualunque paese di transito ritenuto sicuro per loro dalle autorità ungheresi. Fino ad agosto, 3.119 persone avevano richiesto asilo e le autorità avevano concesso protezione internazionale a un totale di 320 persone. Di queste, 54 avevano ricevuto lo status di rifugiato, mentre le restanti 266 avevano ottenuto protezione sussidiaria.

I rom continuano a essere oggetto di discriminazione in materia di domicilio, istruzione e assistenza sanitaria pubblica.

L’emendamento costituzionale di luglio ha criminalizzato i senza dimora, ignorando le critiche ricevute a giugno dal relatore speciale delle Nazioni Unite in materia di diritto a un’accoglienza adeguata, il quale ha sottolineato la crudeltà del piano e la sua incompatibilità con la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. La legge è entrata in vigore a ottobre e i senza dimora sono stati perseguiti.

Italia

A giugno è nata una coalizione di governo tra la Lega anti immigrati e i populisti del Movimento 5 Stelle. A marzo, l’Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani ha espresso la propria disapprovazione nei confronti del razzismo e della xenofobia che hanno caratterizzato la campagna elettorale.

Secondo l’UNHCR, fino a metà novembre solo 22.435 migranti e richiedenti asilo hanno raggiunto l’Italia via mare, a causa soprattutto dei provvedimenti per impedire ulteriori arrivi già adottati dal governo uscente. Nel 2017, invece, ben 119.369 migranti avevano raggiunto l’Italia.

Subito dopo essersi insediato, il nuovo governo ha intensificato questo approccio e ha iniziato a fermare gli sbarchi nei porti italiani delle persone tratte in salvo. A novembre un pubblico ministero siciliano ha chiesto di chiudere un’inchiesta, aperta ad agosto, che vedeva il vicepresidente del Consiglio e ministro dell’interno Matteo Salvini accusato di detenzione illecita, sequestro di persona e altri capi d’imputazione per essersi rifiutato di far sbarcare 177 richiedenti asilo che si trovavano a bordo di una nave della Guardia Costiera italiana. Alcuni di loro sono stati trattenuti per ben cinque giorni.

A giugno l’Italia ha iniziato ad affidare la gestione dei soccorsi nel Mediterraneo alla Guardia Costiera libica nonostante le preoccupazioni relative alle sue capacità e al destino dei migranti tornati in Libia. Ad agosto il parlamento ha approvato la cessione alla Libia di dodici navi e programmi di addestramento per gli equipaggi libici.

A novembre il parlamento ha approvato un decreto governativo che limita i visti umanitari e che restringe l’accesso ai centri di accoglienza specializzati. Nel 2017 un quarto dei richiedenti asilo ha ottenuto il permesso di soggiorno per motivi umanitari e circa il 28 per cento delle decisioni prese a gennaio e febbraio 2018 ha portato al rilascio di visti umanitari. A ottobre alcuni pubblici ministeri hanno accusato il sindaco di Riace, in provincia di Reggio Calabria, di irregolarità in quello che era ampiamente considerato un progetto di integrazione modello per richiedenti asilo e rifugiati.

Il 2018 è stato caratterizzato da episodi di violenza razzista. A febbraio, un mese prima delle elezioni nazionali, un ex candidato della Lega alle elezioni locali ha sparato a sei immigrati a Macerata, ferendoli. Un gruppo antirazzista ha rilevato un netto aumento delle aggressioni nei due mesi successivi all’insediamento del nuovo governo rispetto allo stesso periodo del 2017.

A luglio le autorità hanno sfrattato diverse centinaia di rom da un campo di Roma nonostante l’ordine da parte della Corte europea dei diritti dell’uomo di rinviare lo sgombero. A giugno il ministro Salvini ha richiesto un censimento di tutti i rom presenti in Italia per espellere quelli privi di cittadinanza italiana. Secondo uno studio della Commissione europea avviato nel 2012, non si sono verificati progressi tangibili nella discriminazione nei confronti dei rom per quanto riguarda accesso ad alloggi e sgomberi forzati.

Nel dicembre 2017 il Comitato ONU contro la tortura ha invitato l’Italia a verificare che la definizione di tortura nelle leggi nazionali, introdotta l’anno scorso, sia conforme al diritto internazionale.

Paesi Bassi

Il governo si è mosso per limitare gli alloggi per i richiedenti asilo arrivati di recente nel paese, sostenendo che le autorità locali stavano facendo fronte a una domanda in costante aumento, e nel corso dell’anno ha chiuso numerosi centri di accoglienza con l’intenzione di ridurre la disponibilità di posti da 31.000 a 27.000. La riduzione della disponibilità di accoglienza per il secondo anno consecutivo ha dato luogo a preoccupazioni legate al modo in cui il paese si prende cura dei richiedenti asilo al loro arrivo.

A luglio, dopo le critiche ricevute da ONG e parlamentari, il governo ha annunciato di avere intenzione di migliorare le procedure di valutazione delle richieste di asilo dovute alla paura da parte dei richiedenti di essere perseguiti per la propria identità lesbica, gay, bisessuale o transgender (LGBT) o per una conversione religiosa, trattando ciascun caso in maniera più individualizzata.

Nonostante un referendum pubblico non vincolante tenutosi a marzo abbia respinto una legge sulla vigilanza indiscriminata approvata dal parlamento l’anno precedente, a maggio la legge è comunque entrata in vigore. Le organizzazioni nazionali per i diritti continuano a criticare la recente possibilità di intercettare i dati bulk, il livello di controllo su di essi e la padronanza del materiale condiviso derivante dalla collaborazione con le intelligence di altri paesi.

A giugno il ministro della giustizia e della sicurezza ha confermato al parlamento che il governo stava continuando a esercitare il potere di privare della cittadinanza olandese i sospetti terroristi all’estero, pur essendosi rifiutato di comunicare il numero di persone che avevano perso la propria cittadinanza. Sempre a giugno, un tribunale olandese ha espresso il timore che le scarse misure cautelari non siano conformi alla Carta dei diritti fondamentali dell’UE.

Un decreto del tribunale della provincia di Limburgo ratificato a maggio ha evidenziato come la legge olandese, la quale richiede di identificare le persone come uomo o donna sui documenti ufficiali, compresi i certificati di nascita, sia eccessivamente restrittiva e ha invitato i legislatori a prendere disposizioni statutarie per l’introduzione di un’opzione gender-neutral.

Polonia

Nel corso dell’anno il governo ha continuato a fare di tutto per mettere a repentaglio lo stato di diritto e i diritti umani.

Malgrado le critiche sempre più frequenti a livello internazionale, la limitazione dell’indipendenza giudiziaria è rimasta un obiettivo per il governo. A luglio è entrata in vigore una legge che riduce l’età pensionabile per i giudici della Corte suprema, costringendo 27 giudici al pensionamento (ben più di un terzo del totale dei giudici della corte). La presidente della Corte suprema si è rifiutata di rinunciare alla carica e al momento della stesura del presente rapporto stava ancora esercitando la propria professione. Ad agosto la Corte suprema ha sospeso l’applicazione della legge richiedendo alla Corte di giustizia dell’UE di verificare se violasse le norme comunitarie o meno. Due richieste simili sono arrivate ad agosto e a settembre da parte di tribunali comunitari. A ottobre la Corte di giustizia dell’UE, a seguito della richiesta di misure ad interim da parte della Commissione europea, ha ordinato alla Polonia di sospendere l’applicazione della legge sulla Corte suprema.

L’attacco allo stato di diritto da parte del governo ha iniziato ad avere ripercussioni sulla cooperazione giudiziaria della Polonia con gli altri Stati membri dell’UE. A luglio la Corte di giustizia dell’UE, citando i procedimenti previsti dall’articolo 7 del Trattato sull’Unione Europea, ha sancito il diritto da parte dei tribunali irlandesi di rifiutare l’estradizione in Polonia di qualsiasi cittadino polacco nei casi in cui sussista il rischio di un processo iniquo nei confronti di tale individuo. A settembre la Rete europea dei consigli di giustizia ha sospeso la Polonia a causa di preoccupazioni relative all’indipendenza della sua Commissione per le nomine giudiziarie.

Oltre a tali deferimenti e decisioni da parte della Corte di giustizia dell’UE, anche altre istituzioni comunitarie hanno intrapreso diverse azioni contro la Polonia nel corso dell’anno (vedi paragrafo Stato di diritto).

A giugno il governo ha fatto approvare una legge che stabilisce che l’attribuzione alla Polonia di ogni responsabilità o corresponsabilità per le atrocità commesse in territorio polacco in epoca nazista è un reato.

Dopo le accuse ricevute a livello internazionale, le autorità hanno cancellato le condanne fino a un massimo di tre anni di reclusione in caso di tale reato, ma hanno mantenuto le multe.

A metà gennaio il parlamento polacco ha messo in atto la legislazione governativa che ostacolava il diritto degli attivisti ambientali di protestare alle conferenze sul clima delle Nazioni Unite nel dicembre 2018 e che permetteva alle autorità di sottoporli a vigilanza governativa.

Le ONG che si occupano di problemi legati a richiedenti asilo e migranti, diritti di donne o LGBT lamentano difficoltà nell’accesso a fondi pubblici precedentemente a loro disposizione e alcune di loro sono state oggetto di diffamazioni sui media filogovernativi.

I ritorni immediati in Bielorussia da parte dei richiedenti asilo sono continuati. La maggior parte di questi provenivano dalla repubblica cecena e dall’Asia Centrale. A maggio il principale tribunale amministrativo ha scoperto che le guardie di frontiera avevano sbagliato la procedura di accertamento dell’intenzione di trovare rifugio da parte di un richiedente asilo.

Spagna

A giugno il Partito Socialista Operaio Spagnolo si è insediato al governo al posto del Partito Popolare in seguito al voto di sfiducia nei confronti di quest’ultimo da parte del parlamento. Il nuovo governo si è impegnato a riformare la controversa legge sulla pubblica sicurezza del 2015 al fine di intraprendere politiche migratorie più umane. Al momento della stesura del presente rapporto, tuttavia, non era ancora stata intavolata alcuna riforma legale.

A metà novembre erano più di 49.300 le persone ad aver raggiunto il paese via mare. Dal Marocco quasi 6.000 persone hanno attraversato i confini di terra entrando nelle città di Ceuta e Melilla, le enclave spagnole in Nord Africa, molte delle quali scavalcando le barriere di protezione. I migranti hanno affrontato condizioni disagevoli per quanto riguarda le strutture ricettive e ostacoli nella richiesta di asilo.

I ritorni immediati dalle enclave sono proseguiti e il nuovo governo, proprio come quello precedente, ha respinto le accuse da parte della Corte europea dei diritti dell’uomo, che nel 2017 ha stabilito che la Spagna aveva violato i diritti di due migranti subsahariani, dal momento che nel 2013 le sue guardie di frontiera li avevano costretti a tornare immediatamente in Marocco da Melilla.

A gennaio un giudice di Ceuta ha chiuso le indagini sulla morte di quindici migranti a seguito dei proiettili di gomma e del gas lacrimogeno sparati nel mare al largo della costa dell’enclave da parte di ufficiali della Guardia Civil.

Ad aprile sono scoppiate proteste in tutta la Spagna a seguito della decisione da parte di un tribunale di assolvere cinque uomini dall’accusa di violenza di gruppo e di imputarli per semplice aggressione sessuale, dal momento che il processo non aveva dimostrato l’uso di violenza o di intimidazioni. Ciò ha indotto il governo a prendere in considerazione possibili cambiamenti del codice penale. A luglio la Corte suprema ha emanato un decreto per far rispettare una decisione del 2014 da parte del Comitato per l’eliminazione della discriminazione contro le donne delle Nazioni Unite, ordinando al governo di risarcire una donna per discriminazione di genere.

Al momento della stesura del presente rapporto, nessun ufficiale di polizia era stato accusato di uso eccessivo della violenza nel corso del giro di vite in occasione del referendum per l’indipendenza della Catalogna del 1° ottobre 2017. A marzo, venticinque leader indipendentisti sono stati accusati a vario titolo, dalla ribellione al peculato.

A febbraio la Commissione europea contro il razzismo e l’intolleranza del Consiglio d’Europa ha invitato la Spagna a creare urgentemente un organismo di uguaglianza per combattere il razzismo e ha consigliato al governo di adottare misure per l’integrazione dei migranti e per porre fine all’isolamento scolastico nei confronti dei bambini rom. Dal settembre 2017 il parlamento spagnolo sta esaminando una bozza di legge che garantisce il diritto di voto alle persone con disabilità intellettive.

A febbraio la Corte suprema ha confermato la condanna di reclusione nei confronti di un rapper accusato di apologia del terrorismo e calunnie nei confronti del re. A marzo il principale tribunale penale del paese ha condannato a reclusione un altro rapper per capi d’imputazione simili e la Corte suprema ha ribaltato la decisione del 2017 di incarcerare una giovane per essersi presa gioco su Twitter di un assassinio da parte del gruppo separatista basco ETA avvenuto nel 1973.

Regno Unito

L’uscita del Regno Unito dall’UE (Brexit) prevista per marzo 2019 ha continuato a dominare il dibattito politico e a eclissare altre questioni urgenti legate ai diritti umani. A novembre l’UE e il governo britannico hanno raggiunto un accordo provvisorio per un patto valido per il periodo di transizione che seguirà l’uscita dall’Unione nel 2019. L’accordo riguarda anche una bozza di dichiarazione politica sulle future relazioni che prevede anche un impegno in materia di diritti umani. Al momento della stesura del presente rapporto, tuttavia, non era ancora chiaro se il parlamento britannico avrebbe approvato il patto, mantenendo aperta la possibilità che il Regno Unito lasci l’UE nel 2019 senza alcun accordo. Ciò metterebbe a rischio i diritti umani e darebbe adito a incertezza per quanto riguarda il diritto di residenza per i cittadini UE che vivono nel Regno Unito e per i cittadini del Regno Unito che vivono nei paesi dell’Unione dopo la Brexit.

Una legge del giugno 2018 che ha l’obiettivo di incorporare la legislazione comunitaria in quella nazionale dopo l’uscita dall’UE da parte del Regno Unito ha sollevato critiche per la sua mancata conformità alla Carta dei diritti fondamentali dell’UE. In questo modo, i futuri governi britannici rischiano di indebolire la tutela dell’occupazione e altri diritti derivanti dalla legislazione comunitaria.

Ci sono stati sviluppi significativi per quanto riguarda la complicità del Regno Unito in episodi di tortura e detenzione segreta da parte della CIA. A maggio il primo ministro ha porto le proprie scuse incondizionate a una coppia libica per il ruolo avuto dal Regno Unito nella loro consegna alla Libia nel 2004. A giugno una commissione parlamentare ha pubblicato due rapporti contenenti informazioni più approfondite relative a tale complicità e ha definito la condotta tenuta e tollerata dal Regno Unito tra il 2001 e il 2010 “imperdonabile”. Le ONG e alcuni statisti hanno recentemente richiesto l’apertura di un’indagine a riguardo. Al momento della stesura del presente rapporto, nessun individuo nel Regno Unito era stato accusato di crimini legati alle suddette violenze.

Anche nel 2018 il Regno Unito non ha imposto un limite massimo di tempo per il fermo degli immigrati e ha continuato a trattenere bambini richiedenti asilo e migranti. Secondo i dati pubblicati a novembre, il governo ha dislocato solo 220 bambini non accompagnati provenienti da altri Stati membri dell’UE, mentre l’obiettivo era di 480. Il Regno Unito aveva fatto insediare solo 417 bambini rifugiati dopo essersi impegnato nel 2016 a farne entrare 3.000 provenienti da zone di guerra in Medio Oriente e in Africa.

La Corte suprema del Regno Unito ha stabilito che la rigida legge nordirlandese sull’aborto viola il diritto all’integrità personale difeso dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. Ciononostante, la corte ha archiviato il caso in questione per motivi tecnici. A ottobre è stato presentato alla Camera dei Comuni un disegno di legge che chiede la decriminalizzazione dell’aborto in Inghilterra, Galles e Irlanda del Nord.

L’inchiesta pubblica su un incendio che nel 2017 ha distrutto un condominio a Londra e nel quale settantuno persone sono rimaste uccise e centinaia senza dimora è proseguita tra le preoccupazioni legate alla piena partecipazione al processo da parte delle vittime. Al momento della stesura del presente rapporto era in corso un’inchiesta penale sul fatto.

Una bozza di legge antiterrorismo approvata dalla camera bassa del parlamento (la Camera dei Comuni) conteneva misure problematiche che rischiavano di minacciare i diritti umani, tra le quali la criminalizzazione della visione di materiale estremista e la proposta di reato nel caso in cui un soggetto si rechi in “determinate aree”. Al momento della stesura del presente rapporto, la camera alta (Camera dei Lord) non eletta stava ancora discutendo la bozza di legge.

A settembre la Corte europea dei diritti dell’uomo ha stabilito che la mancanza di tutela da parte dei poteri di vigilanza disciplinati dal Regulation of Investigatory Powers Act 2000 ora decaduti avevano violato il diritto alla privacy in un caso portato alla luce da numerose ONG, organizzazioni per la privacy e giornalisti. La corte, tuttavia, non ha ritenuto l’intercettazione di massa necessariamente illegale. Gli attivisti per il diritto alla privacy hanno continuato a criticare i poteri sostitutivi.

L’organismo costituito nel 2017 incaricato di portare a termine le indagini che vedono imputate le truppe britanniche per maltrattamenti in Iraq tra il 2003 e il 2008 ha proseguito la propria attività. Al momento della stesura del presente rapporto, tuttavia, nessuna accusa era emersa da tale inchiesta né da quella dell’organismo precedente.

A seguito di una visita nel mese di novembre, il relatore speciale delle Nazioni Unite sulla povertà estrema è giunto alla conclusione che i cambiamenti del sistema di welfare e la riduzione dei servizi pubblici hanno aggravato le conseguenze già negative sui diritti delle persone che vivono in condizioni di povertà.

Politica estera

Nonostante queste mancanze, l’Unione Europea continua ad avere un ruolo da protagonista nella promozione dei diritti umani a livello globale.

A luglio i ministri degli esteri dell’UE hanno ribadito il proprio sostegno forte e continuo alla Corte penale internazionale (ICC) e a un ordine internazionale basato su regole.

L’UE e i suoi Stati membri continuano a supportare in modo deciso gli sforzi a livello internazionale per determinare le responsabilità dei crimini atroci che hanno luogo in Siria e costituiscono i principali donatori dell’International, Impartial and Independent Mechanism (IIIM) delle Nazioni Unite, che ha il mandato di raccogliere e analizzare informazioni e prove dei crimini internazionali commessi in Siria per coadiuvare i procedimenti penali presso i tribunali nazionali o internazionali.

L’UE ha cercato di alleviare l’impatto della decisione da parte degli Stati Uniti di ritirare il proprio sostegno agli accordi, agli organismi e ai meccanismi per la difesa dei diritti umani a livello globale: il Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE) ha fatto di tutto per garantire la sopravvivenza del Piano d’azione congiunto globale (PACG) con l’Iran, ma l’UE si è concentrata molto meno sulla situazione preoccupante dei diritti umani nel paese e non è stata in grado di garantire la scarcerazione degli attivisti e dei giornalisti arrestati, nemmeno di quelli con cittadinanza europea. A seguito della decisione da parte del governo Trump di ritirare tutti i finanziamenti statunitensi, l’UE e i suoi Stati membri hanno aumentato notevolmente il proprio contributo finanziario all’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei rifugiati palestinesi nel Vicino Oriente. L’UE ha continuato a fare pressione su Israele affinché fermi la sua politica del compromesso illegale.

La decisione da parte degli Stati Uniti di lasciare il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite (UNHRC) ha spinto l’UE a cercare nuovi alleati presso il principale organismo per la difesa dei diritti umani. A settembre l’UE ha intensificato i propri sforzi per fare passi avanti nel processo penale al Myanmar, le cui forze armate sono autrici della spietata campagna di pulizia etnica di più di 700.000 musulmani Rohingya e di altre gravi violazioni di leggi umanitarie e dei diritti umani in altre aree del paese.

L’UE, insieme all’Organizzazione della cooperazione islamica (OIC), ha fatto pressioni affinché l’UNHRC approvasse una risoluzione che avrebbe dovuto creare un meccanismo per determinare le responsabilità simile all’IIIM. A giugno l’UE ha adottato sanzioni contro sette individui considerati responsabili delle atrocità e delle gravi violazioni dei diritti umani nei confronti della popolazione Rohingya. A settembre, il Commissario europeo per il commercio Cecilia Malmström ha richiamato il Myanmar, avvertendo il paese che la responsabilità dell’esercito e del governo per quanto riguarda le gravi violazioni dei diritti umani e la costante impunità per i crimini contro i diritti umani possono portare alla sospensione delle corsie preferenziali in ambito commerciale, determinate proprio dal rispetto dei diritti umani.

Analogamente e in seguito a ripetuti richiami, l’UE ha avviato procedimenti nei confronti della Cambogia per la sospensione delle corsie preferenziali in ambito commerciale determinate dal rispetto dei diritti umani, chiamando in causa le elezioni irregolari tenutesi nel paese e la mancata osservanza delle normative internazionali sui diritti umani da parte del primo ministro Hun Sen e del suo governo.

L’UE ha ripetutamente richiesto la scarcerazione degli attivisti pacifici, degli avvocati e dei dissidenti detenuti in Cina e insieme alla Germania ha avuto un ruolo importante nella scarcerazione di Liu Xia, artista vedova del premio Nobel per la pace Liu Xiaobo. In occasione di un summit tenutosi a giugno, tuttavia, il presidente del Consiglio europeo e quello della Commissione europea non sono stati in grado di sfruttare l’inerzia della scarcerazione e del trasferimento in Germania di Liu Xia per esprimere pubblicamente la propria preoccupazione per il pessimo curriculum della Cina in materia di diritti umani e per fare pressioni per ulteriori scarcerazioni.

L’UE ha assunto una posizione rigida contro il costante giro di vite nei confronti delle libertà fondamentali e del dissenso in Russia e ha fatto pressione pubblicamente per la scarcerazione di molti difensori dei diritti umani e dei detrattori e oppositori del governo arrestati per la propria attività pacifica. L’UE ha rimarcato la violazione dei diritti nelle aree dell’Ucraina sotto il controllo dei ribelli russi che sono indietreggiati e in Crimea, anch’essa occupata dai russi, ma allo stesso tempo è stata più cauta quando il governo ucraino ha limitato la libertà di parola nel resto del paese.

Sono andati ampiamente a vuoto i tentativi da parte dell’UE e dei suoi Stati membri di rispondere in maniera adeguata al brutale giro di vite nei confronti del dissenso e alle limitazioni sempre più forti alla libertà di parola e di associazione nei paesi arabi del Golfo. Perlopiù l’UE non è stata in grado di fare pressione pubblicamente per la scarcerazione degli attivisti per i diritti delle donne, dei giornalisti, dei difensori dei diritti umani e dei detrattori del governo negli Emirati Arabi Uniti, in Bahrain, in Kuwait e in Arabia Saudita, tra i quali il premio Sakharov Raif Badawi. Tuttavia, in risposta alla scomparsa e all’assassinio del giornalista saudita Jamal Khashoggi all’interno del consolato arabo a Istanbul, la Germania ha vietato l’ingresso nei ventisei Stati dello Spazio Schengen a diciotto ufficiali sauditi sospettati di essere collegati all’assassinio, decisione espressamente condivisa da molti altri paesi.

L’UE ha continuato a cambiare notevolmente la propria posizione sulle violazioni dei diritti umani in Turchia, Libia, Egitto e Sudan per via della sua collaborazione con questi paesi per evitare l’emigrazione in Europa.

In risposta alle elezioni manipolate in Venezuela tenutesi a maggio e alle costanti violazioni dei diritti umani nel paese, a giugno l’UE ha sanzionato undici individui responsabili di violazioni dei diritti umani e di aver messo a repentaglio la democrazia e lo stato di diritto nel paese, portando a diciotto il numero di ufficiali sanzionati.

A ottobre l’UE ha allargato le sanzioni nei confronti di individui responsabili di gravi violazioni dei diritti umani e di azioni che minano la democrazia anche al Burundi.

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