IL DOLORE DELLE GUERRE AMERICANE HA UN NUMERO: 500.000 MORTI DAL 9.11
Emanuele Giordana, il manifesto, 11 novembre 2018
La “guerra al terrore” Usa. Costo Umano delle Guerre Post 9/11, curato da Neta C. Crawford, docente del Dipartimento di Scienze Politiche della Boston University e Co-Direttore del Progetto Costi della Guerra della Brown University, non tiene infatti conto delle stime dei decessi della guerra in Siria (oltre 500mila) o di altre guerre (Yemen) o conflitti minori. Il documento, che si basa su fonti aperte, guarda un fatto fatto da Usa nelle sue guerre, per così dire, ufficiali
Quanti morti è costata e sta costando la guerra al terrore scatenata dopo l’11 settembre? Se il dolore è un numero, nel novembre del 2018 questo numero ha superato quota 500mila. E solo in Afghanistan, Pakistan e Irak, i luoghi ormai iconici della guerra infinita. Lo dice un progetto della Brown University, università privata americana, che studia il costo umano delle guerre scatenate contro il terrore.
GUERRE INIZIARE E MAI FINITO come se il crollo delle Torri gemelle fosse un mostro a più teste. Tra 480 e 507.000 persone – dadi l’aggiornamento del novembre di quest’anno – sono stati uccisi dalle guerre scatenate dopo quella data fatidica in tre soli Paesi: Irak, Pakistan e Afghanistan (147mila nel Paese dell’Hindukush come già riferivamo ieri). Costo umano delle guerre post 9/11, curato da Neta C. Crawford, docente del Department of Political Science della Boston University and Co-Director del Costs of War Project della Brown University, non tiene infatti conto delle stime dei decessi della guerra in Siria (oltre 500mila) o di altre guerre (Yemen) o conflitti minori. Il documento, che si basa su fonti aperte, guarda a quanto fatto dagli Usa nelle sue guerre, per così dire, ufficiali. Cifre che in realtà hanno a che vedere anche con i loro alleati, dunque con l’Italia, ancora partecipe a pieno titolo della guerra afgana con il terzo contingente più importante presente in Afghanistan.
NELLE TRE GUERRE CITATE i civili conquistano un triste primato: tra 244 e 266mila. Seguono – entrambi con oltre 100mila caduti – militari e forze di polizia locali assieme agli «Opposition Fighters» (per una volta non si usa l’odioso termine «insurgent»). Ma un dato impressionante riguarda le forze Usa: a fronte di 6.951 caduti con la divisa americana, 7.820 sono i paramilitari (contractor) uccisi durante l’ingaggio per combattere o lavorare a fianco dei soldati «regolari». Una novantina sono morti in Pakistan (dove formalmente la guerra non c’è) mentre quasi 4mila sono morti sia in Irak sia in Afghanistan, un Paese dove le compagnie private vorrebbero ora addirittura in appalto tutte le operazioni militari, uno scenario ricorrente e tenuto molto sotto traccia dall’Amministrazione. Gli alleati degli Usa hanno perso 1.464 uomini (tra cui oltre 50 sono soldati italiani) ma un tributo importante è stato pagato anche da operatori umanitari di Onu e Ong: 566 (di cui 409 in Afghanistan) e giornalisti: 362 (di cui 245 nel solo Irak).
ACCANTO ALLA FREDDA e drammatica aritmetica della guerra, al di fuori dei mesi, gli incidenti dei mesi: al 2017, risultano 4 milioni e 780mila gli afgani sfollati interni o con lo status di rifugiati.
Tre milioni e 250mila gli iracheni e 12 milioni di dollari per un totale di 20 milioni di individui. Un bilancio inevitabilmente per difetto perché non tiene conto delle migliaia di “clandestini”, senza alcuno status, fuggiti dai conflitti per tentare il viaggio della speranza su rotte verso l’Europa.
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