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TURCHIA. 73 accademici arrestati, altri sindaci kurdi dietro le sbarre

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NENA-News – 18 novembre 2016

turchia1Non si ferma la macchina della repressione turca: all’alba raid nelle case dei professori della Yildiz Technical University. Il co-presidente dell’Hdp Demirtas rifiuta di presentarsi alla prima udienza del processo.

La Turchia si è svegliata stamattina con un’altra ondata di arresti, tetra quotidianità nel paese del presidente Erdogan. All’alba la polizia turca ha arrestato 73 professori universitari accusati di avere legami con il movimento Hizmet dell’imam Gulen, considerato la mente del fallito golpe del 15 luglio. A quattro mesi di distanza, dunque, la macchina della repressione non si ferma: sono circa 110mila le persone licenziate o sospese dal proprio incarico da quella notte e 36mila i detenuti. Numeri folli che raccontano le purghe di Stato.

L’altra notte i ricercati erano molti di più: il procuratore di Istanbul ha emesso 103 mandati d’arresto contro accademici della Yildiz Technical University. La polizia ha perquisito le case e gli uffici e portato via 73 sospetti. Un colpo duro al mondo universitario turco che segue a quelli già assestati nei mesi passati e che hanno portato alla rimozione di tutti i rettori e la loro sostituzione con personalità vicine al governo dell’Akp.

Stamattina il Ministero della Difesa ha anche pubblicato i numeri delle epurazioni all’interno dell’esercito: 20.088 licenziati, di cui 16.423 studenti e reclute. All’epoca furono in molti a dire che i manovratori del golpe, poi fallito, usarono i soldati più giovani ignari di quanto stava accadendo. Il Ministero ha poi annunciato, come se ce ne fosse bisogno, il prosieguo della campagna contro il Pkk, insieme a Gulen il nemico interno creato per governare con il pugno di ferro.

 

Nel caso kurdo i vertici turchi colpiscono da più parti: sul piano militare, su quello politico e su quello mediatico. Con la stampa indipendente o filo-kurda chiusa, la campagna militare a sud est prosegue con coprifuoco e attacchi mentre polizia e anti-terrorismo continuano a stringere le manette ai polsi ai rappresentanti dell’Hdp, il Partito Democratico dei Popoli, fazione di sinistra considerata da Erdogan il braccio politico del Pkk.

A sud est negli ultimi due giorni sono stati arrestati altri tre sindaci kurdi, dopo che i rispettivi comuni sono stati commissariati, stessa sorte toccata ad altre 20 amministrazione. Ieri è stato portato via il co-sindaco di Van, Bekir Kaya, accusato di “aiuto a organizzazione terroristica”. A Dersim due notti fa sono stati arrestati 12 politici, tra cui i co-sindaci della città, Mehmet Ali Bul e Nurhayat Altun, e membri dei partiti Hdp e Dbp.

Restano dietro le sbarre anche i due co-presidenti dell’Hdp, Selahattin Demirtas e Figen Yüksekdağ, agli arresti in isolamento dal 4 novembre. Ieri Demirtas ha rifiutato di presentarsi alla prima udienza del processo per terrorismo in cui è imputato e per cui rischia fino a 5 anni di prigione perché non ha ricevuto ancora le accuse ufficiali che gli sono state mosse. L’udienza è stata posposta al 10 gennaio. Demirtas e gli altri 12 parlamentari detenuti rischiano così di restare in prigione a lungo nel silenzio delle istituzioni turche e del mondo che dopo un iniziale sdegno ha presto dimenticato l’attacco fascista al terzo partito del paese, ai suoi 58 parlamentari e ai 6 milioni di persone che lo hanno votato alle elezioni.

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