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Arsala Rahmani, criminale fondamentalista, non uomo di pace

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Il signore della guerra talebano Arsala Rahmani, membro del cosiddetto Alto consiglio per la pace in Afghanistan, è stato ucciso il 13 maggio a Kabul: un sicario gli ha sparato mentre Rahmani era in automobile e si recava nel suo ufficio. Subito i media di tutto il mondo hanno commentato la notizia come una grave perdita, ricordando il ruolo di Rahmani nel preteso processo di pacificazione e riconciliazione con i talebani voluto da Karzai e dalla NATO, Stati Uniti in testa.

Il CISDA (Coordinamento Italiano Sostegno Donne Afghane) ancora una volta si dissocia con forza da questa visione ipocrita e imperialista, denunciando la storia criminale di questo talebano, ex ministro dell’Istruzione e ministro degli affari religiosi durante uno dei regimi più oscurantisti, misogini e fascisti della storia mondiale recente, e protagonista della politica interna dell’Afghanistan post-11 settembre per scelta di Karzai, che nel 2005 lo chiamò a far parte della Camera alta del Parlamento, nella quota di deputati che vengono nominati direttamente dal presidente.

Come subito denunciato da Human Rights Watch in occasione di quel riconoscimento, Arsala Rahmani era responsabile di gravi violazioni dei diritti umani, nonché di limitazioni estreme delle libertà fondamentali, soprattutto ai danni delle donne. La sua funzione all’interno del cosiddetto Alto consiglio per la pace in Afghanistan non era dissimile da quello di un altro sanginario signore della guerra, Burhanuddin Rabbani, anch’egli ucciso recentemente (il 20 settembre 2011) e anch’egli ricordato come uomo di pace: ovvero, fare finta di avviare colloqui di pace con i compagni criminali talebani, per convincere i finanziatori statunitensi della possibilità per le truppe NATO di andarsene dal paese lasciandolo “pacificato”, anche se con decine di basi militari permanenti, a salvaguardia di una “pace duratura”.

Una farsa che il popolo afgano sarà il primo a pagare, come sempre, sulla propria pelle, quando il processo già in atto di ritorno alla misoginia di Stato, alla teocrazia fondamentalista dei mullah e alla violenza fascista che fa affari con il narcotraffico e con il business delle armi avrà compimento, grazie all’appoggio della NATO e degli Stati Uniti e alla colpevole acquiescenza della comunità internazionale.

Sarà difficile, allora, inventarsi un altro slogan come “liberare le donne afgane”, quando le potenze mondiali le avranno consegnate, quelle donne, direttamente nelle mani di sanguinari personaggi come Arsala Rahmani, colpevoli di crimini contro l’umanità.

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