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Rapporto Annuale 2013: la situazione dei diritti umani nel mondo

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Amnesty International – Maggio 2013

AmnestyInternational1Il Rapporto annuale di Amnesty International 2013 documenta la situazione dei diritti umani in 159 paesi e territori nel corso del 2012.
I governi si sono impegnati a tutelare i diritti umani solo a parole, in realtà hanno continuato a invocare questioni d’interesse nazionale, preoccupazioni in materia di sicurezza e ordine pubblico, per giustificare le violazioni di quei diritti.

In risposta, in tutto il mondo la gente è scesa per le strade e ha esplorato lo straordinario potenziale dei social network, per portare alla luce repressione, violenza e ingiustizia.
Alcune persone hanno pagato a caro prezzo: sono state denigrate, incarcerate o hanno subito violenza. Ancora una volta atti di coraggio e di resistenza, individuali e collettivi, sono serviti a portare avanti la lotta per la difesa dei diritti umani e hanno puntato i riflettori sulle azioni dei governi e sui potenti interessi acquisiti.
Questo Rapporto testimonia il coraggio e la determinazione di donne e uomini che, in ogni parte del mondo, hanno chiesto a gran voce il rispetto dei loro diritti e proclamato la loro solidarietà nei confronti di quanti hanno subito violazioni.
È anche la dimostrazione di come, nonostante i molti ostacoli lungo il percorso, il movimento di difesa dei diritti umani stia diventando sempre più forte e profondamente radicato e come la speranza che questo instilla in milioni di persone continui a essere una potente forza per il cambiamento.

 

AFGHANISTAN: queste le prime considerazioni del rapporto.
Migliaia di civili hanno continuato a subire attacchi mirati e indiscriminati da parte di gruppi armati d’opposizione, in un contesto nel quale anche le forze internazionali e di sicurezza nazionale si sono rese responsabili di morti e di feriti tra i civili.

La Missione delle Nazioni Unite di assistenza all’Afghanistan (Un Assistance Mission in Afghanistan – Unama) ha riferito che più di 2700 civili sono stati uccisi e 4805 feriti, l’ampia maggioranza dei quali (l’81 per cento) per mano dei gruppi armati. Nelle strutture di detenzione di tutto il paese sono stati comunemente impiegati metodi di tortura e altri maltrattamenti, malgrado alcuni sforzi del governo per limitarne l’incidenza.

La violenza contro donne e ragazze è rimasta dilagante sia a livello istituzionale sia a più ampi livelli della società. Il governo ha cercato di introdurre controlli più serrati sui mezzi d’informazione, suscitando proteste tra i lavoratori della comunicazione, che hanno continuato a subire minacce e provvedimenti di detenzione da parte delle autorità. Sempre più famiglie hanno dovuto abbandonare le abitazioni a causa del protrarsi del conflitto armato, a seguito del quale in tutto l’Afghanistan rimanevano sfollate 459.200 persone. Molte vivevano in insediamenti informali privi di adeguato riparo, accesso all’acqua, assistenza medica e istruzione. Fuori del paese rimanevano circa 2,7 milioni di rifugiati.

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