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Afghanistan: previsioni sconfortanti per il 2013

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RAWA.ORG – 2/1/2013

kab jan05 8L’Afghanistan detiene molti fra gli indicatori umanitari peggiori del mondo. Il 34% della popolazione soffre per mancanza di cibo e il 10% dei bambini muore prima di iniziare la scuola primaria.

Le organizzazioni di aiuti internazionali affermano che nel 2013 si prevede un peggioramento della situazione umanitaria e un ulteriore aumento della violenza in Afghanistan.

Secondo il nuovo Piano d’Azione Comune Umanitario per il 2013 (Common Humanitarian Action Plan – CHAP) pubblicato dall’Ufficio delle Nazioni Unite per il Coordinamento degli Affari Umanitari (OCHA), a causa del peggioramento dei conflitti negli ultimi cinque anni i civili continueranno a soffrire per la violenza armata e la situazione umanitaria si deteriorerà ulteriormente.

Il report elenca le maggiori sfide umanitarie che l’Afghanistan dovrà affrontare nel 2013, anno che vedrà il costante ritiro delle forze internazionali: entro giugno le forze di sicurezza afghane prenderanno il controllo dei tre quarti del paese.

L’Afghanistan detiene molti fra gli indicatori umanitari peggiori del mondo. Il 34% della popolazione soffre per mancanza di cibo e il 10% dei bambini muore prima di iniziare la scuola primaria.

Tenendo conto che a gran parte della popolazione è negato l’accesso a servizi primari quali educazione, acqua, assistenza sanitaria di base e abitazione, la comunità umanitaria richiede 471 milioni di dollari per coprire il costo dei progetti previsti nel 2013.

Molti analisti ritengono che il progressivo ritiro delle forze internazionali nel 2013, che si concluderà definitivamente nel 2014, causerà un incremento della violenza poiché le forze di sicurezza nazionali non saranno in grado di far fronte ai movimenti anti-governativi che rafforzeranno la loro posizione.

 

La forza di questo esercito nazionale è molto discussa. Alcuni analisti dichiarano di aver visto “miglioramenti significativi all’interno delle forze militari afghane” nel 2012, mentre il CHAP evidenzia livelli elevati di diserzione e bassi di arruolamento, che significa che un terzo dell’esercito afghano deve essere sostituito ogni anno.

Secondo la Missione di Assistenza delle Nazioni Unite in Afghanistan (UNAMA), le morti, le lesioni e i danni ai civili sono diminuite del 4% nei primi 10 mesi del 2012 rispetto allo stesso periodo del 2011, tuttavia gli attacchi mirati a civili da parte delle forze anti-governative sono aumentati del 53% nella prima metà del 2012 e soprattutto, sempre nel 2012, la violenza è notevolmente aumentata nelle aree meridionali ed orientali del paese.

Negli ultimi anni lo spazio per il lavoro umanitario si è ridotto, in particolare da quando i gruppi anti-governativi si sono radicalizzati e frammentati: i volontari e i lavoratori delle associazioni umanitarie affermano che il trasporto aereo è spesso l’unico modo sicuro di raggiungere le aree più remote.

Tuttavia, il piano d’azione internazionale può anche fornire nuove opportunità per realizzare un lavoro umanitario più indipendente e che differisca ulteriormente dalle cosiddette “Squadre di Ricostruzione Provinciale” (Provincial Reconstruction Teams – PRTs), che lavorano a stretto contatto con il governo e le forze militari.

Le associazioni devono incrementare il loro lavoro in quelle aree particolarmente dominate dai Talebani e dalle altre forze non governative, rendendo cruciale la neutralità.

Secondo un recente report dell’Istituto di Sviluppo Estero, molte organizzazioni internazionali stanno programmando di gestire i progetti da Kabul e di lavorare attraverso le ONG locali.

Suzanne Murray-Jones, consulente dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati in Afghanistan, afferma che l’accesso umanitario privilegiato di cui godono le ONG locali dovrebbe essere sfruttato maggiormente, dal momento che spesso non dispongono di strutture e fondi adeguati per poter effettuare il loro lavoro.

Per assicurare che il sostegno umanitario venga realizzato nelle zone con maggiori necessità, il programma CHAP 2013 elenca una serie di province e una previsione dei relativi bisogni, al fine di evitare che gli aiuti vengano indirizzati in quelle zone più facili da raggiungere o politicamente importanti.

kab jan05 9Disastri naturali
Purtroppo le sfide da affrontare nel 2013 non si limitano ai conflitti. L’Afghanistan è spesso anche vittima di disastri naturali che coinvolgono circa 250.000 Afghani ogni anno.

Inverni rigidissimi, valanghe mortali, terremoti, frane, siccità e alluvioni mettono a rischio metà delle regioni dell’Afghanistan.

Sempre secondo il report CHAP 2013, gli ultimi 12 mesi hanno visto un buon raccolto di grano, tuttavia con la siccità verificatasi durante otto degli ultimi undici anni, è probabile che il 2013 veda un raccolto molto povero.

Kate O’Rourke, direttrice di Oxfam, afferma che anni di conflitto hanno logorato la voglia e la capacità della gente di lottare e di superare le difficoltà. “La chiave sta nell’investire in progetti mirati a ridurre l’impatto di questi disastri e a migliorare la capacità delle persone di riprendersi e saper gestire le crisi. Solo in questo modo gli Afghani che vivono in zone a rischio saranno più preparati e in grado di far fronte alle avversità, evitando di essere costantemente schiacciati da questi eventi, dai quali cercano poi costantemente di riprendersi”.

Pressione economica
Negli ultimi anni la crescita economica è stata di circa il 7%, tuttavia le opportunità restano poche e il settore privato è ostacolato dalla mancanza di una valida fornitura elettrica.

Nonostante i molti progetti di attività minerarie, gli anni a venire vedranno una costante diminuzione degli aiuti internazionali e di decine di migliaia di truppe, che costituiscono un punto chiave nell’economia del paese.

Mark Bowden, coordinatore umanitario per l’Afghanistan, dichiara: “L’Afghanistan sta entrando in un periodo molto difficile che sarà caratterizzato da una crescente vulnerabilità economica quale risultato della riduzione di assistenza internazionale, e dalla dipartita di molte forze internazionali che si tradurrà in una significante contrazione economica e nella perdita di lavoro”.

L’Afghanistan è il paese al mondo che più dipende dagli aiuti internazionali, i quali si aggirano intorno ai 15.7 miliardi di dollari l’anno. Secondo una stima della Banca Mondiale, una percentuale che va dal 6 al 10% della popolazione ha lavorato nell’ambito degli aiuti.

Dislocazioni
Quattro decadi di conflitto sono stati un forte motore di numerosi spostamenti; in questo modo si è venuta a creare una popolazione considerevole di rifugiati con necessità di supporto.
Circa 2.7 milioni di Afghani vivono in Pakistan e in Iran, mentre 450.000 persone si sono spostate all’interno del paese. Il 34% si è ulteriormente trasferito nei primi otto mesi del 2012.
Nel contempo, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite afferma che quasi sei milioni di profughi sono rientrati in Afghanistan negli ultimi dieci anni, causando una notevole pressione sull’economia e sui servizi.
Secondo Murray-Jones dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite, molti di loro non si sentono accettati dagli altri membri delle comunità in cui vivono e si prevede la possibilità di un ulteriore rientro su larga scala.

Finanziamenti
Per far fronte a queste necessità previste per il 2013, la comunità umanitaria chiede 471 milioni di dollari con un incremento rispetto al 2012, in cui erano stati richiesti 448 milioni.
Tenendo conto delle pressioni sui budget dei paesi donatori a causa della crisi economica mondiale, nel 2012 i finanziamenti umanitari sono stati praticamente dimezzati.

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