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Afghanistan piange le vittime dell’epoca del regime fantoccio sovietico.

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Rawa News – BBC News – 1 Ottobre 2013

Durante la notte dopo la chiusura delle porte delle celle, avrebbero letto 10 o 15 nomi e sarebbero stati portati fuori per essere fucilati.

Gli Afghani hanno cominciato due giorni di lutto per le vittime del governo comunista alla fine del 1970. È stata richiesta da una lista dei nomi di 5.000 persone uccise o scomparse in quel periodo. Molti erano oppositori del governo, che aveva preso il potere nel mese di aprile 1978 – un anno prima dell’invasione sovietica. Il reporte della BBC David Loyn ne da informazione da Kabul.

Zamir Mihanpoor era inseparabile da suo fratello Khwarja.
“Non era solo mio fratello, era un mio amico,” disse, con la sua voce piena di emozione.
Khwarja, 26 anni, è tra le 5.000 persone i cui nomi sono in un elenco di quelli uccisi dal governo comunista in Afghanistan, nei 18 mesi precedenti l’invasione sovietica a Natale 1979. Essi saranno ricordati con due giorni di lutto nazionale, il 30 settembre e il 1 ottobre.

Khwarja era un insegnante, ma era anche politicamente attivo nell’ala Parcham del movimento comunista afghano. È stato arrestato quando il Khalq fazione rivale ha preso il potere nel mese di aprile 1978 nella cosiddetta Rivoluzione Saur – che prende il nome del mese nel calendario afgano del periodo che successe.
Suo fratello Zamir ha detto che ha sentito da due dei compagni di cella di Khwarja che il giovane maestro fu picchiato ogni giorno, al punto che riusciva a malapena a bere acqua quando venne di nuovo gettato in cella la sera. Un giorno, egli non fece più ritorno per le percosse.

I crimini di guerra

La lista di 5.000 nomi era nelle mani di un afghano che ora vive in Germania. Era tra le prove raccolte nell’ambito di un processo per crimini di guerra nei Paesi Bassi per un ex ufficiale dell’intelligence afghana, Amanullah Osman, che aveva inizialmente chiesto asilo politico.
L’elenco è stato pubblicato dal tribunale, ed è stato reso pubblico dopo la morate del Comm. Osman.
Nella confusione dei tempi, uno di quelli sulla lista, Habib Rahman, un ingegnere, è ancora vivo. Ora è un uomo d’affari a Kabul, ma ha visto il suo nome al numero 2676 sulla lista. Per mesi, ha detto che lui e gli altri prigionieri nel carcere Pul-e-Charkhi visserp “ogni giorno come se fosse l’ultimo”.
Durante la notte dopo la chiusura delle porte delle celle, avrebbero letto 10 o 15 nomi e sarebbero stati portati fuori per essere fucilati.
“Ognuno pensava che la sera dop opoteva essere lui” ha detto.
Ma anche se la lista ha dimostrato che la sua esecuzione è stata ordinata, non è mai stato chiamato per l’esecuzione. Giorni dopo l’invasione russa, fu tagliato con un coltello il telo di plastica che riparava la cella e apparve una testa bionda, un soldato russo li accolse calorosamente. Giorni dopo, furono liberati.

Il numeri dei morti
Signor Rahman nel gennaio del 1980 è andato al Ministero dell’Interno con altre migliaia di persone in fila per vedere gli elenchi dei nomi delle persone uccise dal regime che ha preceduto il governo filo-sovietico.
La lista dei 5.000 nomi pubblicati dal giudice olandese è circa la metà della lista di allora, e una piccola parte del numero totale di forse 50.000 morti l’anno prima dell’invasione sovietica.
Un altro milione sarebbero morti negli anni successivi per mano delle forze sovietiche, i loro seguaci, i mujaheddin afgani loro oppositori, e più tardi i talebani.

Venerdì scorso [ndr.28 settembre], un evento denominato come “un funerale di massa e in memoria di quei martiri senza tombe” si è tenuto il terreno aperto nel centro di Kabul. Durante i discorsi e le preghiere gli uomini piangevano pubblicamente, e le foto dei morti sono state appoggiate sulle sedie davanti a un palco.

Molti degli oratori hanno chiesto processi per i crimini dei comunisti. E da una ricerca fatta dalla Afghanistan Independent Human Rights Commission risulta che esiste un diffuso desiderio avere un risarcimento per il passato, e poter portare i responsabili delle uccisioni davanti alla giustizia.

La crudeltà dei talebani è ben nota in Occidente, anche se il focus group degli intervistati per questa ricerca erano più preoccupati per i crimini dei comunisti e dopo per quelli dei mujaheddin, che hanno combattuto tra di loro dopo la caduta del governo filo-sovietico di Kabul nel 1992.
In una recente visita a Kabul, l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, ha dichiarato: “Vorrei eseguire altre indagini, per fare azioni penali e processi.”
Ma nonostante un’ondata di indignazione, non ci dovrebbero essere processi per i crimini del passato, gli ex signori della guerra si affidano all’amnistia approvata dal parlamento, e molti di loro restano in posizioni di potere, non contestati dalle forze NATO in Afghanistan.

[trad. a cura di Cisda]

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