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Il Pakistan dice ai rifugiati afghani che è tempo di tornare a casa.

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Repubblica.it – 26 gennaio 2015, di STEFANO PASTA

130744956 07f86e15 d6f8 4ab1 b062 165f0f240f0aDopo l’attentato dei talebani pakistani a Peshawar è cresciuta l’ostilità verso i quasi tre milioni di rifugiati afghani. Il Governo li spinge a partire ed ha firmato con l’Unhcr e l’Afghanistan un piano per il ritorno completo entro il 2015. Nel frattempo, l’operazione militare di Islamabad nel Waziristan settentrionale per colpire i gruppi vicini ai talebani, fa crescere il numero degli sfollati interni.

MILANO – Per gli afghani in Pakistan, forse il simbolo dei “rifugiati di lungo periodo” nel mondo, è tempo di tornare in patria. Non perché la situazione nel paese d’origine stia migliorando (secondo l’Onu le vittime civili nel 2014 sono aumentate del 19% rispetto l’anno precedente), ma a seguito del clima di ostilità creatosi dopo l’attentato terroristico di dicembre alla scuola di Peshawar. In ogni caso, rassicura Sartaj Aziz, consigliere per la sicurezza nazionale e la politica estera del premier Nawaz Sharif, “il rimpatrio sarà un processo volontario, non uno sgombero forzato”.

Qui il maggior numero di rifugiati al mondo. Il Pakistan, che ospita oltre 1,6 milioni afghani registrati e 1,3 milioni non registrati, è il paese che, in termini assoluti, ospita il maggior numero di rifugiati al mondo. Secondo i dati dell’Unhcr, lo seguono Libano (1,1 milioni), Iran (982mila), Turchia (824mila), Giordania (737mila), Etiopia (588mila), Kenya (537mila) e Ciad (455mila).

Se si considera però il numero in rapporto alla popolazione, sono Libano e Giordania che subiscono il peso più grande; calcolando invece gli oneri economici in proporzione al reddito pro capite, è in testa l’Etiopia e riappare il Pakistan in seconda posizione.

La pressione contro i rifugiati. Gli afghani sono una presenza decennale in Pakistan e le date dei loro arrivi raccontano le varie fasi della violenza in Afghanistan. Nonostante con la guerra in corso i siriani siano diventati la nazionalità più presente tra i rifugiati assistiti dall’Unhcr nel mondo, i 2,7 milioni di afghani rimangono la più grande popolazione di “rifugiati di lunga data” (più di cinque anni) di cui si occupa l’Agenzia delle Nazioni Unite.

La maggioranza vivono nella provincia di Khyber Pakhunkhwa, proprio quella in cui si è verificato l’attacco alla scuola, e qui, sebbene i talebani pakistani abbiano rivendicato la responsabilità, sono aumentati politici e giornalisti che hanno collegato la presenza dei rifugiati alla criminalità e alle attività terroristiche. Non sono mancati arresti ed espulsioni, mentre alcuni afghani sono stati licenziati o cacciati dalle loro case. In generale, sale la pressione perché se ne vadano dalla zona.

2015, l’anno del rimpatrio. Grazie anche al miglioramento delle relazioni tra i due paesi confinanti, Pakistan e Afghanistan hanno firmato un accordo trilaterale con l’Unhcr: prevede che nel 2015 tutti i rifugiati rientrino in patria, anche se i continui scontri e la mancanza di opportunità economiche rendono chiaro che il ritorno completo sarà irrealizzabile entro la fine dell’anno. In ogni caso, “il processo deve iniziare”, ha detto Sartaj Aziz a nome del Governo pakistano in una conferenza stampa a Islamabad. “Siamo in contatto con l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per facilitare quei rifugiati che vogliono tornare volontariamente in aree che ora sono tranquille e in grado di assorbirli. Si sta lavorando con il governo afghano per creare forti incentivi; siamo in grado di costruire gradualmente case. È difficile poter dire quanti saranno in grado di partire entro dicembre. La cosa più importante è che si tratta di un processo volontario, non forzato”.

Le preoccupazioni dell’Unhcr. Dal canto loro, funzionari delle Nazioni Unite hanno espresso preoccupazione, sostenendo che incolpare i profughi per motivi di sicurezza potrebbe avere effetti controproducenti. Maya Ameratunga, capo dell’Unhcr in Pakistan, ha detto: “Gli afghani rifugiati hanno dovuto abbandonare il paese a causa della guerra e del terrorismo; sono vittime innocenti, non dobbiamo perseguitarli nuovamente violando i diritti umani e rimpatriandoli con la forza”.

La guerra in Waziristan, gli sfollati interni e l’aiuto Usa. Nel frattempo, il Governo pakistano deve affrontare un’altra crisi umanitaria, quella dei propri sfollati interni, oltre 1 milione e 300mila. Sono aumentati soprattutto a partire da giugno, costretti alla fuga a causa dell’offensiva, tuttora in corso, condotta dai militari pakistani contro i talebani nel Waziristan settentrionale. Addirittura 6.452 pakistani sono fuggiti in Afghanistan, nella provincia orientale di Khost. Il 13 gennaio, il segretario di Stato americano Kerry è stato in visita a Islamabad e, insieme a Sartaj Aziz, ha annunciato che gli Usa stanzieranno 250 milioni di dollari per il ritorno alle proprie case degli sfollati interni. Elogiando l’azione militare pakistana contro gli Haqqani, il gruppo che combatte in Waziristan assai vicino ai talebani, ha detto: “Assieme agli altri terroristi, sono nemici comuni del Pakistan e degli Stati Uniti; le azioni contro questi gruppi rispondo all’interesse congiunto di entrambi i paesi”.

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