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Il governo afghano conferma: «Il mullah Omar è morto nel 2013»

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Redazione Online Corriere della sera – 29 luglio 2015

Mullar Omar pictured 2001 011 300x180Prima la notizia dell’uccisione data da fonti della sicurezza afghana. Poi smentite: il mullah è morto nel 2013 in Pakistan. Era favorevole a trattative per la pace

Fino alla fine la storia del mullah Omar riserva sorprese. Tra conferme e smentite è data per certa dalle intelligence la morte del leader supremo dei talebani. Il mullah Omar però non sarebbe stato ucciso recentemente – come diffuso mercoledì da un funzionario del governo afghano a 1TvNews – ma sarebbe morto nel «2013», forse per una malattia, la tubercolosi.

Dopo la notizia fatta rimbalzare dai media afghani, «il governo della repubblica islamica dell’Afghanistan, basandosi su informazioni credibili, conferma che il mullah Mohammad Omar, leader dei talebani, è morto nell’aprile del 2013 in Pakistan».

Ad annunciarlo è il presidente afghano Ashraf Ghani, in un comunicato pubblicato sul sito web della presidenza afghana e diffuso tramite il suo account Twitter. «Il governo dell’Afghanistan crede che la strada per i colloqui di pace sia più spianata che mai, perciò invita tutti i gruppi armati di opposizione ad approfittare dell’opportunità e unirsi al processo di pace», si legge ancora nel comunicato.

 

La massima autorità talebana

Nella lista nera del terrorismo internazionale dal 2001, sulla testa del mullah Omar pende una taglia da 10 milioni di dollari del dipartimento di Stato americano perché accusato di aver dato protezione a Osama Bin Laden, e alla rete terroristica di Al-Qaida, prima e dopo gli attentati dell’11 settembre 2001. Le sue tracce si perdono proprio 14 anni fa.

Le apparizioni si limitano a messaggi affidati alla rete. Da un paio d’anni circolavano voci secondo le quali Mullah Omar era stato ucciso nel corso di un attacco. Voci però smentite dalle stesse autorità talebane. Il capo militare e religioso sarebbe stato favorevole alla prosecuzione delle difficili trattative per la pace in corso in Afghanistan. Per venerdì prossimo è previsto a Islamabad il secondo round di colloqui fra emissari dei Talebani ed esponenti del governo di Kabul per l’avvio del negoziato. Peraltro fonti pachistane ipotizzano speculazioni per disturbare un possibile negoziato.

L’uomo dei misteri

A dicembre fonti afghane avevano rilanciato informazioni – incontrollabili – su fratture all’interno del movimento talebano.

Questi i punti: i guerriglieri si sono divisi in tre fazioni; il mullah Omar potrebbe essere morto e da tempo; oppure è tenuto agli arresti domiciliari dai servizi pachistani a Karachi. In effetti il capo degli insorti ha mantenuto un lungo silenzio interrotto da un intervento scritto dopo la diffusione delle vignette di Charlie Hebdo. Un profilo discreto che peraltro è sempre stato il preferito dal misterioso mullah. Nato in un villaggio, il Mullah Omar aveva frequentato la scuola religiosa e aveva combattuto con i mujahidin contro l’esercito sovietico. Secondo alcune fonti è sposato e ha due figli.

Favorevole ai colloqui di pace

Lo scorso 15 luglio il sito web del movimento, il cosiddetto «Emirato Islamico dell’Afghanistan», ha diffuso una dichiarazione attribuita al mullah Omar in cui per la prima volta, dopo 14 anni di guerra, si annuncia l’apertura a colloqui di pace con il governo di Kabul, considerati «legittimi», ribadendo al contempo l’obiettivo di «porre fine all’occupazione delle forze straniere».

Le altre voci

Secondo il presunto portavoce di Fidai Mahaz, Qari Hamza, il leader dei Talebani sarebbe stato ucciso nel luglio del 2013 «dal mullah Akhtar Muhammad Mansoor», numero due del mullah Omar, «e da Gull Agha». Lo scorso anno circolavano notizie sulla concessione da parte del mullah Omar al mulllah Akhtar Mohammed Mansoor di tutti i poteri in materia di processo di riconciliazione. Nel tempo non sono mancate neanche voci, messe in circolazione da fonti governative afghane, secondo cui il mullah Omar sarebbe detenuto dalle forze pakistane nella città di Karachi. Il movimento dei Talebani è in crisi anche per la penetrazione dell’Isis in Pakistan e Afghanistan.

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