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Premio Po: “A tutte le donne afghane”

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A Cento, Nedda Alberghini Po ha spiegato il riconoscimento assegnato a Rawa: “Vogliamo dare voce e visibilità a chi non ce l’ha o gli viene impedita”

Laura Guerra, Il Resto del Carlino, 22 ottobre 2024

“Vogliamo dare voce e visibilità a chi non l’ha, gli viene impedita e viene reso invisibile, a donne guerriere che combattono per i diritti umani”. E’ così che Nedda Alberghini Po ha parlato della 16ma edizione del Premio internazionale per i diritti umani Daniele Po, conferito a Rawa, libera organizzazione sociopolitica di donne afghane. Il Premio, istituito dall’associazione Le Case degli Angeli di Daniele onlus e dai suoi fondatori Nedda e Fortunato Po, con il prezioso aiuto dell’associazione Strade, e la collaborazione di Amnesty di Cento, Libera Centopievese, Tararì Tararera, Cisda e Coop. “Con il premio, per la seconda volta torniamo in Afghanistan – prosegue Nedda Alberghini – da queste donne che non sono vittime rassegnate in un Paese oscurantista con il fondamentalismo ma combattenti coraggiose che in clandestinità protestano, documentano, denunciano ciò che succede e riescono anche a organizzare scuole clandestine per donne. La più importante è infatti la lotta all’ignoranza e quando l’istruzione dà la consapevolezza alle donne dei loro diritti, lascia sperare in un cambiamento, seppure in tempi lunghissimi. Io con questo premio voglio fare la mia parte in questa lotta e dar la possibilità a queste donne di denunciare ciò che sta succedendo”.

A farlo è Shakiba, nome di fantasia per questa donna che poi tornerà in Afganistan, arrivata a Cento tra difficoltà e pericolo. “E’ pericoloso ciò che faccio ma questo è l’unico modo per far sentire la nostra voce – racconta – Io come altre. Si trovano i modi, stratagemmi, si passa a piedi la frontiera, cellulari puliti, nessun appunto, nulla”. E ha raccontato. “C’è stata l’occupazione americana ed europea del Paese parlando di democrazia ma hanno ridato il potere in mano ai talebani – dice – hanno fatto di tutto. Ora il Paese è una prigione a cielo aperto e leggi contro le donne. Proibito sentire la loro voce in strada e fuori solo se accompagnate da un maschio. I giovani se scappano vengono incarcerati, i rifugiati vengono discriminati anche dall’Europa ed è difficile trovare un futuro diverso. Le radici di questa sofferenza è il fondamentalismo? Un’alternativa ai talebani? Temiamo possa prendere il potere Isis K”. Ma le donne combattono.

“Non possiamo più scendere in strada a protestare perché saremmo torturate e uccise e allora lo facciamo sui social – prosegue – Rawa continua a organizzare funzioni clandestine, a festeggiarel’8 marzo, e a parlare nel web anche se col viso coperto e con stratagemmi a organizzare scuole per dare una possibilità di riscatto alle donne. Chiediamo a tutte le persone democratiche di fare pressione sui loro governi perché non diano soldi ai talebani. Abbiamo bisogno di sostegno da persone come Nedda”. A portare testimonianza è stata anche la centese Marina Govoni di Amnesty: ‘Sono appena tornata dall’Afghanistan e nonostante fossi una turista, anche a me, in quanto donna, è stato impedito di entrare in alcuni luoghi. E sono tornata con in testa alcuni progetti”.

 

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